Il posto della mente è una piccola oasi letteraria dove possiamo andare quando abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Di leggere, o scrivere storie. Storie inventate, come quelle che io, da principiante, sottopongo al vostro giudizio, oppure storie vere, piccoli "frammenti di vita" che scivolerebbero immediatamente nell'oblio se qualcuno di noi non li raccogliesse.

Frammenti di vita..................Racconti & Poesie..................Paco de Luna..................Pensieri sparsi..................CONTATTI

mercoledì 19 dicembre 2012

L'amico di Mussolini - incipit a confronto

Cari lettori, oggi voglio condividere con voi l'esperienza che ho fatto nell'iniziare il mio nuovo romanzo. Quindi parliamo di incipit. Non intendo annoiarvi con una trattazione sull'argomento (però: qual'è il vostro incipit preferito?) ma solo mettere a confronto la prima stesura con quella che, al momento, ritengo definitiva.
Mi piacerebbe avere qualche vostra osservazione in merito. Grazie!


PRIMA STESURA


L’ingegnere Valerio Morandi era infastidito dai modi dell’ufficiale cui si era rivolto. Eppure gli aveva posto una semplice richiesta: voleva vedere il Duce.
L’altro lo aveva squadrato a lungo prima di sibilare  “Motivo?”
“Una visita di cortesia” aveva risposto, cercando di essere conciliante. E gli aveva allungato il cartoncino dove stava, vergato con eleganza, il suo nome.
L’ufficiale aveva guardato con disprezzo il biglietto da visita, senza muovere un muscolo. Si era molleggiato per un attimo sulle gambe, forse per attirare l'attenzione sull’impeccabile lucidità degli stivali, poi l’aveva bruscamente liquidato. “Il Duce non può essere disturbato, da nessuno. Men che meno per visite di cortesia. Se ne vada!”
L'ingegnere ebbe un’esitazione; avrebbe voluto replicare seccamente, ma poi si era trattenuto per il timore che la sua naturale avversione per i militari lo portasse a eccedere. Restò per un attimo rigido, guardando l'altro negli occhi, poi batté in ritirata.

SECONDA STESURA

“Motivo?”
La domanda risuonò secca come un colpo di moschetto.
L’ingegnere Valerio Morandi cercò di non farsi intimidire dai modi arroganti dell’ufficiale di guardia. Restò impettito davanti a lui, fissandolo diritto negli occhi. Aveva modulato la sua richiesta con tutta l’autorevolezza di cui era capace, in modo che si capisse che non era dettata da un capriccio. E ora non era disposto a cedere di un millimetro.
“Una visita di cortesia” disse mentre estraeva con gesto sicuro un cartoncino dalla tasca della giacca dove, vergato con eleganza, c’era il suo nome. Allungò la mano per piazzarlo proprio sotto gli occhi del militare.
Questi non fece un solo gesto per prenderlo. Non lo degnò nemmeno di un’occhiata. Tutta la sua attenzione era rivolta a lui. Mentre lo scrutava, con l’accanimento che normalmente si pensava che si dovesse avere con i banditi, iniziò a dondolarsi sulle gambe. Forse voleva attirare l’attenzione sugli stivali lucidati in maniera impeccabile. Lo studiava e intanto usava la divisa come un’arma per intimidirlo.
Il Morandi cominciava ad irritarsi. Tutti uguali, i militari! Incapaci di comprendere le situazioni, di valutare i fatti con la dovuta elasticità. Regolamento e disciplina. Disprezzo per i civili. Tutte cose che conosceva alla perfezione. La sua mano fece per muoversi per andare a sfiorare il bottone nero che teneva appuntato sul risvolto della giacca, ma riuscì a dominarsi. Guardava a sua volta l’interlocutore senza dar a vedere di esserne intimorito.
L’ufficiale continuò per un po’ a scandagliarlo, poi si mosse di colpo per andare alla scrivania dove era seduto l’attendente. Allungò una mano e questi gli porse immediatamente una cartellina, che studiò con un’attenzione esasperata. Alla fine restituì l’incartamento al subordinato e tornò senza fretta da lui.
“Il Capo del Governo non può essere disturbato. Per nessun motivo! Tanto meno – e qui scandì le parole ad una ad una – per una visita di cortesia”. Fece una piccola pausa e poi sibilò “E ora se ne vada!”
L’ingegnere ebbe un motto di esitazione.  Era tentato di ribattere ma la paura di eccedere a causa della sua naturale avversione per i militari, lo convinse a desistere. Sostenne lo sguardo sprezzante dell’altro fino a quando ritenne che fosse abbastanza. Quindi gli girò le spalle, allontanandosi.

sabato 15 dicembre 2012

L'amico di Mussolini - La stazione Termini

Voglio condividere con voi quello che sto imparando nel documentarmi per il romanzo che ho iniziato a scrivere. Oggi parliamo della stazione Termini.

La storia delle ferrovie a Roma nasce di fatto con l'elezione di Pio IX. Il suo predecessore Gregorio XVI, infatti, era un feroce avversario di certe modernità, arrivando a negare il suo appoggio alla realizzazione di un collegamento fra Bologna e Ancona caldeggiato anche da Gioacchino Rossini.
Bisogna comunque dire che, il frazionamento politico del nostro Paese, abbinato ad un'economia ancora arretrata rispetto, ad esempio, a quella inglese e francese, frenava lo sviluppo organico delle idee ferroviarie e si dovette attendere la congiunzione di alcune variabili favorevoli perché sparse e spesso velleitarie iniziative fossero convogliate verso un unico progetto.
Il nuovo papa si fece promotore dei collegamenti della città eterna con le realtà circostanti. Nacque quindi l'esigenza di costruire una stazione per la gestione del traffico ferroviario della città eterna.
Nel 1867 l'architetto Salvatore Bianchi costruì la Stazione Termini nella zona dell'Esquilino, dove all'epoca c'erano solo vigne e campi coltivati.
La Stazione Termini alla fine dell'800
Subito essa fu oggetto di critiche per le dimensioni ritenute eccessive per una città di solo 180.000 abitanti. In realtà essa risultò presto insufficiente a smaltire il traffico della città, che nel frattempo era diventata Capitale.

Fra ampliamenti e progetti (uno dei quali prevedeva una stazione sotterranea) si arrivò al primo dopoguerra quando l'architetto Angiolo Mazzoni presentò un progetto che prevedeva un'enorme atrio concepito non come filtro tra stazione e città, bensì come "imponente porta del tempio". L'approvazione definitiva del progetto, il 3 febbraio 1939 portò quindi alla costruzione di un avancorpo monumentale con un porticato imponente e un atrio di 12 mila mq. completamente vuoto, con l'unico scopo della suggestione, relegando nei corpi laterali tutti i servizi per il viaggio, sì da pregiudicare l'efficienza dell'esercizio ferroviario e le comodità per il pubblico. 
Una curiosa caratteristica del progetto "Mazzoniano" fu l'intento di rappresentare la Nazione con i marmi pregiati: per i rivestimenti delle pareti e dei pavimenti furono scelti preziosi marmi tipici italiani. 

Lo scoppio della guerra ed altri fattori bloccarono i lavori, che ripresero solo nel 1947 con un nuovo concorso indetto per completare l'opera. Caratteristiche dominanti del nuovo progetto dovevano essere forme chiare, trasparenti e funzionali, in armonia con quanto era già stato costruito e convivendo con gli 80 metri di mura con punte di 9 metri di altezza dell'Agger Servianus.

La stazione Termini come si presenta oggi
Si decise di articolare lo spazio in 4 fabbricati distinti ma insieme collegati alle due ali della stazione e a Piazza dei Cinquecento: il fabbricato frontale ("E"), l'atrio biglietteria, la galleria di testa e il ristorante esterno. Tutto il complesso si sviluppava su un'area di 14 mila mq.  I resti dell'Agger Servianus, adeguatamente valorizzati dal "Dinosauro", raffigurano idealmente la continuità tra l'antica e la moderna arte del costruire. 
Conclusi i lavori, la stazione Termini prese la forma che conosciamo oggi e venne inaugurata il 20 dicembre 1950 dall’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. 

lunedì 5 novembre 2012

Auto-intervista su "L'amico di Mussolini"


Visto che nessuno pensa di farlo, mi intervisto da solo. Come Marzullo, mi faccio delle domande e mi do delle risposte. Siccome, però, bisogna rispettare un minimo di regole, ci sarà un me stesso che fungerà da intervistatore e si chiamerà, giustamente, Narciso.


Narciso: Come le è venuto in mente di scrivere questo romanzo?
Gianni: devo dire che non è tutta colpa mia. Una storia nasce sempre per caso.. É un po' come quando si cammina sulla sabbia, guardandosi distrattamente intorno senza pensare a nulla in particolare. A un certo punto qualcosa attira la nostra attenzione. In quel momento non sappiamo di cosa si tratti, potrebbe essere una statuetta etrusca oppure una lattina di birra. Potremmo ignorarla, ma il più delle volte ci avviciniamo e cominciamo a togliere la sabbia. Quasi sempre é proprio una volgare lattina, ma di tanto in tanto capita di trovare qualcosa di interessante, che vale la pena di approfondire. Anche questa volta é successo così.

Narciso:  e come si passa dalla prima idea alla decisione di farne un vero e proprio romanzo?
Gianni: ahimè non é una cosa che si possa decidere. Succede e basta. In questo caso, per esempio, avevo capito immediatamente che il progetto sarebbe stato molto ambizioso e difficile, avrebbe richiesto un mare di tempo e comportato rischi notevolissimi. Un romanzo storico non é cosa che si possa fare nei ritagli di tempo. E io di tempo per scrivere ne ho veramente poco. Ma la questione ha preteso il suo spazio nella mia mente e non c'é stato niente da fare. Mi sono ritrovato a fare le prime verifiche, per vedere se la storia poteva stare in piedi ...

Narciso: e...?
Gianni: e, cavolo, tutto si incastrava alla perfezione. Avevo pensato d'istinto di ambientarla nel 1935, così, senza aver cercato riscontri. Ebbene, tutti gli elementi di cui avevo bisogno si materializzavano a uno a uno esattamente come mi servivano. La storia era lì, pronta per essere scritta.

Narciso: quindi ha un piano preciso di lavorazione.
Gianni: assolutamente no. Un conto é lo schema di massima, dove ci sono gli elementi di fondo, un altro é lo sviluppo dell'azione, i caratteri e i personaggi. Quelli hanno vita propria. Si parte con un'idea e, strada facendo, la questione prende una direzione diversa. Le faccio un esempio: per dare spessore al personaggio principale, che é un ingegnere ferroviario, mi sono documentato sulle ferrovie dell'epoca; ho così scoperto che la Direttissima fra Bologna e Firenze era stata appena inaugurata. Ma la cosa straordinaria è quando ho scoperto che esiste una stazione, sì una vera e propria stazione all'interno della galleria dell'Appennino. Quasi a metà dei 18.500 metri della galleria c'è la Stazione detta delle Precedenze, con tanto di binari di servizio. Una scoperta troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Così, il romanzo appena iniziato prenderà una piega inaspettata e la Stazione di Precedenze avrà un ruolo di primo piano.

Narciso: ci incuriosisce. Ci può dire di più?
Gianni: Eh no! Un po’ di pazienza, perbacco!

sabato 27 ottobre 2012

Un nuovo progetto: "L'amico di Mussolini"

Bene! Oggi decido di rendere noto un progetto nato da qualche giorno e che sta prendendo sempre più consistenza nella mia testa: un romanzo "storico".
Non vi dirò, qui ed ora, quale sia lo scopo che mi prefiggo nel farlo, anche perchè ho ormai imparato che spesso tali imprese prendono strada facendo delle direzioni imprevedibili.



Vi posso però dire la trama, che è semplicissima: siamo nel 1935 e un ingegnere bolognese, compagno di scuola del duce, lo va a trovare a Roma. Mussolini è felice di questa visita ed approfitta dell'occasione per prendersi un paio di giorni di libertà dalle faticose incombenze del potere. In incognito visitano alcuni luoghi della città che sta rapidamente cambiando volto proprio per la spinta "rinnovatrice" del fascismo.

Qui mi fermo. Cosa succederà e quali chiavi di lettura sono tutte cose da scoprire.

Intanto però una cosa è certa: un romanzo storico richiede una grande opera di documentazione. Per prima cosa ho cominciato dalle ferrovie. Il mio personaggio è un ingegnere ferroviario che scende a Roma da Bologna in treno. Quindi l'occasione è ghiotta per una carrellata sulla storia delle nostre ferrovie.

La scelta dell'anno in cui ambientare la storia si sta rivelando felicissima. Perchè se è vero che le principali linee ferroviarie sono state costruite nel corso dell'800, la "Direttissima" Bologna - Firenze era stata inaugurata solo nel 1928. Quindi il mio ingegnere aveva potuto partecipare alla sua realizzazione.

Nella decisione di fare un romanzo storico ha pesato la convinzione che scavando nella materia sarebbero saltate fuori storie interessanti. Infatti ecco qua che subito ne ho una ghiottissima.

LA STAZIONE DELLE PRECEDENZE

La costruzione della Direttissima dovette superare enormi difficoltà tecniche, fra le quali la realizzazione della seconda galleria più lunga del mondo (la prima essendo quella del Sempione). Per lo scavo di 18.032 metri si dovettero approntare due cantieri ai rispettivi imbocchi di Vernio e di Lagaro ed un terzo in località Cà di Landino, vicino a Castiglione dè Pepoli. Un tunnel inclinato di 50 gradi scendeva fino al livello della galleria, con una scala di 1856 gradini.
Ebbene, nel punto in cui il tunnel fu costruita una stazione sotterranea, che è rimasta attiva fino agli anni '60, la "Stazione delle Precedenze". Eccone una descrizione tratta da http://www.forum-duegieditrice.com/viewtopic.php?t=9299


Così, al km. 46+848 sorse il posto di movimento di “Precedenze”, il cui nome esplica già la sua funzione. Gli uffici degli addetti al movimento, il posto di blocco e un’officina si trovano in un camerone lungo 153,96 metri. La galleria ha in questo punto una luce di 16,97 mt. ed un’altezza di 9 mt.
Di qui prosegue, su ambo i lati, la galleria principale a doppio binario; accanto ad essa, su ogni lato vi è un’altra galleria in curva con il binario di precedenza, che i ferrovieri chiamano ironicamente “la banana”. Lunghi entrambi 448,33 mt., questi due tronchi di galleria a semplice binario confluiscono nella linea principale in due altri cameroni più piccoli che sono illuminati al pari di quello maggiore. Nelle gallerie di servizio sono state smontate le funicolari, ma esiste sempre la possibilità di raggiungere l’esterno presso Cà di Landino: una scala di 1.863 gradini sale attraverso una delle gallerie. Una vera scalata! Purtroppo si cammina in un ambiente scarsamente illuminato, ma una volta l’anno, per pochi attimi e naturalmente con cielo sereno, i raggi del sole attraversano il pozzo, riuscendo a far luccicare le rotaie! E’ interessante notare come questa stazione sia solo un posto di blocco e quindi non compaia nell’orario ufficiale; nonostante ciò alcuni treni locali sostano ugualmente per permettere agli abitanti di Cà di Landino un originale ritorno a casa. Dalla metà degli anni Sessanta “Precedenze” è impresenziata e telecomandata dalla stazione di San Benedetto.







giovedì 20 settembre 2012

Siamo tutti sulla stessa barca!

E...


...poi...


...ti...


...vengono...


...a dire...



...che...


...siamo...


...tutti...


...sulla...


...stessa...


...barca!


domenica 2 settembre 2012

Mia figlia [gianbarly]


“Mi fai schifo!”
Eccola mia figlia, un attimo fa era una bambina ed ora me la trovo davanti, ritta sui suoi tredici anni, a fare da giudice impietoso della mia vita.
“Ma ti vedi! Come fai, dico, come fai a guardarti nello specchio la mattina?”
Lo sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Lo sapevo, ma non sono riuscita a far nulla per evitarlo. Istintivamente mi tocco i capelli.
Fa una smorfia di scherno: “Sì, belli i tuoi capelli. Sembrano fili di ferro”

giovedì 23 agosto 2012

L'ho finito!


Questa sera, esattamente alle 21,50 ho finalmente scritto la parolina magica in calce a "Paco de Luna"

F I N E

E' incredibile, l'ho finito davvero! Quando l'ho cominciato, all'inizio del 2010, non avrei scommesso un centesimo sulla mia capacità di arrivarci in fondo. Non avevo nemmeno ben chiara come dovesse svolgersi la storia. Ad essere sincero la molla che mi ha fatto decidere a cominciarlo è stata questa: avevo appena finito il mio primo racconto "La gloria di domani" che ha un registro epico e volevo quindi mettermi alla prova con una storia più intima, meno gridata. Poi ero affascinato dalla capacità di chi scrive di entrare in campi molto distanti dalla propria esperienza personale e così ho deciso che la storia avrebbe ruotato attorno ad un musicista. Io e la musica siamo due cose distinte ed immiscibili.
Con Paco de Luna ho sperimentato sulla mia pelle quanto sia vero quello che si dice: che non è lo scrittore che muove i personaggi, ma sono loro che guidano le sue mani. Credo che il segreto sia nel mettere insieme gli ingredienti giusti, poi la miscela comincia a reagire ed il romanzo prende forma secondo certi suoi inconoscibili sentieri.

Comunque ora è finito. chiedo scusa a coloro, ai pochi, che ne hanno letto parti su questo blog, ma non pubblicherò qui gli ultimi quattro pezzi. Naturalmente spero che possiate trovarlo, nella sua versione definitiva, in libreria o come e-book. A qualcuno chiederò privatamente di darmi un suo giudizio, prima di provare a proporlo agli editori.

Grazie di cuore a tutti, i vostri commenti mi hanno aiutato in maniera decisiva ad arrivare fin qui.

lunedì 13 agosto 2012

Paco de Luna - Quinto quadro 2 [gianbarly] Amicizia

H. Toulouse Lautrec - The bed

Lourdes dormiva al mio fianco. Avevamo fatto l’amore con tutta l’intensità di cui eravamo capaci, impermeabili a qualsiasi influsso esterno. Ora la guardavo mentre, per la prima volta, si era lasciata scivolare nel sonno. Di solito usavamo tutto il tempo a nostra disposizione per amarci e per parlare, troppa era l’urgenza per poter lasciare scorrere i minuti senza far nulla. Eppure non lo sentivo come un tempo perso. Osservavo i suoi lineamenti così perfetti e venivo travolto dall’emozione. Stare insieme a lei era la mia condizione naturale, non avrei più saputo farne a meno.

giovedì 9 agosto 2012

Paco de Luna - Quinto quadro 1 [gianbarly] Cosa sta succedendo?

P. Picasso - Jacqueline

Giuliana se n’era andata in punta di piedi, la notte fra il sabato e la domenica. Era morta senza mai aver ripreso conoscenza, consumata dalla vana lotta contro la devastazione che le avevano inferto i suoi aguzzini.
I genitori, piegati da un dolore troppo vasto per poter essere accettato, non avevano pensato di informarci. Tanto meno lo aveva fatto il convivente, che ci accomunava nel rancore al resto dell’umanità.
Durante tutta la domenica nessuno di noi era passato dall’ospedale, neppure quei pochi che ancora ogni tanto ci facevano una capatina. Così successe che lo sapemmo solo il lunedì mattina.
Era stato Xavier, di ritorno da uno dei suoi viaggi, a portarci la notizia. Era entrato in redazione portandosi dietro, come sempre, il profumo dell’aria che a quell’ora saliva su dal fiume densa di odori.

martedì 7 agosto 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 6 [gianbarly] Terremoto

R. Magritte -  Fils de l'homme 

Non fu l’Antonia a divulgare la Lista, anche se le sarebbe piaciuto. Sono sicuro che aveva sognato di estrarre con studiata lentezza il foglietto dalla sua cartellina segreta per poi leggerlo a tutti noi, trepidanti intorno a lei, con l’intonazione solenne degna di quel momento che l’avrebbe vista dispensatrice di destini. Avrebbe scosso la testa e, ad ogni movimento della sua chioma, qualcuno avrebbe saputo della propria condanna.
No, non è stata l’Antonia ma un comunicato di due righe a firma della proprietà, che abbiamo trovato un mattino in bacheca. Dopo fiumi di parole e tanta agitazione, dopo che ci eravamo preparati ad ogni scenario possibile, è bastato quello scarno foglietto a mandare all’aria qualsiasi illazione.

domenica 22 luglio 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 5 [gianbarly] Passione


Egon Schiele - L'abbraccio

Avevo dentro di me un fuoco che ardeva, una sensazione che mai avevo provato prima di allora. Il corpo di Lourdes mi stordiva con la sua vicinanza. Passavo con delicatezza i polpastrelli sulla sua schiena nuda traendone un piacere infinito. Allo stesso modo lei accarezzava me ed ogni minimo contatto fra di noi aveva la forza di un uragano. I nostri sensi eccitati raccoglievano anche il più piccolo stimolo, amplificandone la forza. Non mi stancavo di percorrerle con la punta del naso l’incavo fra il collo e la spalla, inebriandomi dei mille aromi che la sua pelle di velluto era capace di sprigionare e che io mai mi ero sognato di saper distinguere così nettamente uno dall’altro. Poi mi staccavo per un attimo dal suo abbraccio per poterle guardare il seno. Mai i miei occhi si erano posati su qualcosa di altrettanto portentoso.

domenica 15 luglio 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 4 [gianbarly] Stati d'animo


A. Ligabue - Autoritratto

Corrado era il nostro tecnico delle luci. Credo che fosse alla tele fin dal primo giorno; in ogni caso era una delle figure storiche dell’emittente. Di corporatura massiccia ed impedito da un ventre decisamente espanso, riusciva tuttavia a muoversi con una certa grazia fra cavi e tralicci. Vestiva invariabilmente una camicia bianca ed un paio di jeans, con sopra una giacca blu. Il tutto gli dava un aspetto serio cui faceva contrasto la lunga capigliatura brizzolata che lui teneva sempre raccolta a coda di cavallo.
Mi aveva bloccato mentre mi accingevo ad entrare in ufficio, proponendomi di prendere un caffè insieme. Non avevo saputo dirgli di no.
“Franchino, io ho cinquantadue anni” mi disse guardandomi intensamente con gli occhi lucidi.

sabato 16 giugno 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 3 [gianbarly] Giro a quattro


Zenone (E. Giunchi) - Ballo al circolo

“Ha proprio bisogno di divertirsi un po’”
Paco aveva buttato lì quella frase, come a ribadire una cosa ovvia. Poi si era rimesso subito al lavoro. Mi aveva sorpreso mentre mi incantavo a guardare Lourdes. Si era fermato appena il tempo di dire quelle parole e subito inabissato nuovamente nel suo mondo.

sabato 9 giugno 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 2 [gianbarly] La lista


R.Magritte - The son of man

Com’era andata con Paco? Rimuginavo dentro di me quella domanda senza riuscire a darmi una risposta convincente. Eppure avrei dovuto essere soddisfatto, avevo raccolto un bel po’ di materiale. Avevo, soprattutto, una serie di squarci sul suo passato, sui primi passi della sua carriera. Qualcosa che non mi sarei aspettato. C’era vita, vita vera là dentro, da far appassionare gli spettatori. C’era il modo in cui la raccontava lui e c’era quello di Lourdes. Un controcanto con i fiocchi. Eppure …

sabato 26 maggio 2012

Paco de Luna - Quarto quadro 1 [gianbarly] Sì, viaggiare


David Burliuk - s.n.
Ascoltavo con aria trasognata la voce che usciva dalla cornetta. Era la prima volta che parlavo al telefono con Paco e, cosa ancor più incredibile, era stato il musicista a prendere l’iniziativa di chiamarmi.  Alla sorpresa si sovrappose ben presto un senso di liberazione; quella telefonata rompeva la cappa ossessiva che premeva sulla vita dell’emittente da quando era successo il fatto di Giuliana. Poi, altro fatto notevole, il tono di Paco era tranquillo, quasi allegro.

lunedì 30 aprile 2012

Solo il buio [Michele]


Stanco, sfiduciato, depresso,
vorrei che tutto finisse
se solo osassi....
Il passato è ormai andato
il futuro è già morto,
solo, con una manciata di cerini,
la luce ha un blackout
mi è indifferente,
le prime ombre della sera calano
tra poco sarà buio.
Non temo il buio, ho paura del buio.

Da tanto non mi guardo dentro
non ne avevo il bisogno,
ora sì
la voce della coscienza
mi esorta a farlo, ma
non so da dove iniziare.
è più semplice farlo dalla fine,
Il buio dovrebbe aiutarmi, invece
mi frena, mi distrae, mi scoraggia.
Non temo il buio, ho paura del buio.

Accendo un cerino,
come un flash abbagliante
ripenso agli
ultimi avvenimenti,
non mi dicono niente
non hanno influito più di tanto
sulla mia disperata solitudine
risultato di una lunga serie
di ipocriti compromessi
e meschine rivalse.
Il cerino si spegne.
Non temo il buio, ho paura del buio.

Accendo altri cerini
a ognuno di essi corrisponde un ricordo
sempre più indietro nel tempo,
come i cerini anch'essi si alternano
ora belli ora brutti
sono freddi, privi di sensazioni
scarnificati dalla vita
ma niente sensi di colpa
rimpianti, nostalgia, rammarico,
niente più odio, gioia, amore,
si susseguono
micidiali, implacabili, indifferenti,
ancora un cerino che si spegne.
Non temo il buio, ho paura del buio.

Come nuvole vaganti
che offrono tratti di cielo sereno
qualche ricordo lacera il guscio che mi avvolge,
timidi sentimenti riaffiorano,
rivedo i primi passi,
guardo compassato
vicende e persone
oggetto e soggetto della mia debolezza,
male fatto con cattiveria
e subìto con altrettanta passione,
luci ed ombre del passato
luce e buio.
Non temo il buio, ho paura del buio.

Gli anni della adolescenza
quando gettiamo il seme della vita
che taglia
il cordone ombelicale con la famiglia
offrendoci le prime possibilità
di valutare, giudicare, individuare
gli errori da non imitare,
perché poi diventano forieri di distacco
a volte insanabile,
anni nei quali
la vita ci scotta
come gli ultimi cerini.
Non temo il buio, ho paura del buio.

La scatola è ormai vuota,
ne  rimane infine uno solo,
non ci sono più ricordi
ma solo sensazioni
quasi ancestrali,
non ci sono immagini
ma inconsci ricordi di contatti,
delicate carezze,
aliti caldi,
onde sussurranti,
tepori protettivi,
oltre non vi è più nulla,
non oso rivolgere il pensiero alla fine
si confonde troppo con l'inizio,
l'ultimo cerino ha compiuto il suo dovere
e si avvia a inoltrarsi nel nulla,
tra poco rimarrà solo il buio.
Non temo il buio, ho solo paura del nulla.


martedì 17 aprile 2012

Mi scappa la pipì [gianbarly]


Devo fare pipì. Il pensiero mi scuote dal sonno profondo in cui mi sono immerso sul far dell’alba. Sento la vescica che mi scoppia, trattenuta solo dalla provvidenziale erezione mattutina. Lotto per un po’ contro la spiacevole sensazione poi, come d’abitudine, stendo il braccio verso l’altra metà del letto, ma ci trovo solo il freddo delle lenzuola.
Non ho ancora voglia di svegliarmi e mi sistemo più comodo cercando di afferrare di nuovo il filo del sonno. Provo a rilassarmi ma è inutile, ho troppo bisogno di farla. Allora mi alzo, senza praticamente aprire gli occhi. Sono deciso ad espletare la mia funzione e ad rinfilarmi immediatamente nel letto. Vado al bagno seguendo le vie dell’abitudine, alzo la tavoletta ed appoggio una mano al muro, mentre il membro riprende lentamente la posizione di riposo. Ora sono fermo, in attesa. Un pensiero mi lacera il cervello: lei non è nel letto.

sabato 17 marzo 2012

IMPERFETTA/mente o dei punti di vista.

Giorni fa ho letto su Repubblica il bell’articolo di Federico Rampini “L' OTTIMISMO DELLA RAGIONE. SCUOLA E DIRITTI, PERCHÉ UNO SVILUPPO È POSSIBILE”. L’ottimo giornalista anche questa volta riesce ad offrire uno sguardo nuovo sui problemi di questa nostra difficile epoca. Per chi non abbia voglia di leggersi l’intero pezzo, riporto di seguito un passaggio dei più interessanti dove, a fronte di un pessimismo bipartisan di fronte alle prospettive della nostra civiltà, fornisce queste cifre: 

lunedì 5 marzo 2012

Afonia in nero pece [Guido]


Egon Schiele - Gli amanti

Come una piuma e pesante come il ricordo che non voglio più avere, si adagia sul mio torace e con una mano mi accarezza il braccio. È il suo tocco, dita sottili come fili, quello che mi ha fatto scappare dal mondo, il mio alibi per chiudere tutti fuori dalla mia casa. Sorseggio un po' d'acqua e riesco solo a non parlare.
«Vado un attimo in bagno» e si allontana, e nei suoi occhi vedo la paura di non trovarmi al suo ritorno. La rassicuro con un mezzo sorriso. Come dieci anni fa. Anche allora c’erano le candele.  

martedì 28 febbraio 2012

Freddo [Roberta D'Angelo]



Mi piace.
Farmi cullare dal mare. Come una danza.
I piedi doloranti. Dopo aver ballato ore sulle punte.
Sciogliermi i capelli. Mentre mi manca ancora il fiato.
Così.
La schiena sul pavimento. Freddo.
Con la bocca aperta e il cuore che batte fortissimo.
Respirare a fondo.
E poi.
Poi di nuovo.
Piangere. Piangere ancora.
Ma stavolta soltanto per me.
Tutt’attorno c’è silenzio.
Respirare lentamente. Piano, così. E già va meglio.
Cosa me ne faccio di quello che puoi darmi.
Che poi, forse non lo sai neanche tu cosa vuoi darmi.
I pugni sul pavimento. Stretti.
I palmi su pavimento. Aperti.
Colpisco. Colpisco ancora.
E poi, pian piano. I muscoli si rilassano.
Una guancia sul pavimento. Poi l’altra.
Lo voglio sentire ovunque. Il freddo.
Le mani tra i capelli. E poi sugli occhi.
Li stringo. Li stringo ancora. Più forte che posso.
E poi.
Aperti. Spalancati. Con le ciglia umide.
E un sorriso che rinasce piano.
Come se non fosse successo niente.
Stanca. Sfinita. A terra, sola.
Basta così.
Sono andati già tutti via.
Raccolgo le scarpette. E sparisco anche io.
A piedi nudi.
Un passo dopo l’altro.
Sul pavimento.
Freddo.

lunedì 20 febbraio 2012

Il venditore di destini (quinta parte) [gianbarly]


De Chirico - L'énigme de l'arrivée
et de l'après-midi
 

Fu Talnòc a rispondermi.
“Vedi Giuliano, tutto parte da quello che si intende per destino. Il professore poi ti spiegherà la differenza fra caso e destino. Ti basti sapere che nessuno qui pretende di governare la casualità. La tegola che ti cade in testa mentre cammini, una vincita alla lotteria, un piccolo ritardo che cambia il corso degli avvenimenti. Queste sono cose che bisogna mettere nel conto, su cui non possiamo proprio nulla. Ma sarebbe sbagliato pensare che la nostra vita dipenda da loro. Possono influenzarla, come no. Però il nostro destino dipende in grandissima parte da noi stessi, da quello che facciamo e da quello che, più spesso, evitiamo di fare”.

sabato 18 febbraio 2012

Il venditore di destini (quarta parte) [gianbarly]


Raffaello - Scuola di Atene

Per un bel po’ non dissi niente. Nel corso di quei pochi giorni avevo sviluppato una specie di strategia di sopravvivenza. Di fronte ad un mondo così diverso, che in un’altra situazione mi avrebbe fornito continui stimoli ed un inesauribile desiderio di conoscenza, mi ero invece formato una specie di corazza. Permettevo alle novità di far breccia nella mia mente solo un poco alla volta. Cercavo, per non impazzire, di elaborare adeguatamente ogni situazione nuova; rimasi quindi in silenzio, osservando l’evoluzione della scena.

sabato 4 febbraio 2012

Il venditore di destini (terza parte) [gianbarly]


Salvator Dalì - Sleep

C’era un uomo che avanzava lentamente, seguito dallo sguardo di tutti i presenti. Era avvolto in un leggero mantello di seta, che scendeva in morbidi drappeggi sopra una tunica di lino. Non era particolarmente alto, ma una lunga barba ed un complicato copricapo turrito gli davano un portamento imponente. Era seguito, ad una certa distanza, da due assistenti che portavano voluminosi fagotti. Man mano che avanzava la folla si accodava, formando un variopinto corteo.

martedì 31 gennaio 2012

Il venditore di destini (seconda parte) [gianbarly]


R. Guttuso - Vucciria

Era una bellissima giornata di inizio estate. Il vento aveva ripulito l’atmosfera, che si mostrava di una limpidezza assoluta. La temperatura gradevole ed il soffio incostante dell’aria sulla pelle avrebbero predisposto chiunque all’ottimismo. Io, invece, camminavo a fianco del mio salvatore oppresso da un’indicibile angoscia. Non riuscivo a pensare e neppure lo volevo. Mi sforzavo di seguire il filo dei suoi discorsi, grato per la distrazione che mi offriva.

lunedì 23 gennaio 2012

Il venditore di destini - prima parte [gianbarly]


Treno in corsa - Ivo Pannaggi
Stavamo parlando da oltre mezz’ora quando il treno arrivò alla stazione. Guardai dal finestrino per capire dov’ero, ma il nome scritto sui cartelli non mi diceva niente.
Chiesi al mio interlocutore:
“Dove siamo?”
“Ugrum, credo … Sì, è proprio Ugrum. La prossima fermata è la mia”
Poi, indovinando la domanda che avevo in mente:
“Scendo a Palnoc, io abito là”

sabato 14 gennaio 2012

Paco de luna - Terzo quadro 6 [gianbarly] Sala d'attesa


Della Robbia - Visitare gli infermi

Finito il lavoro nel vicolo, ci eravamo incamminati verso l’ospedale. Il pensiero di Giuliana ci opprimeva e volevamo starle vicino, per quanto possibile.
Nella sala d’attesa della Terapia Intensiva trovammo gli altri. Sui lori volti leggevamo la nostra stessa angoscia.

lunedì 2 gennaio 2012

Paco de luna - Terzo quadro 5 [gianbarly] Uno squillo nella notte

P. Picasso - Guernica (part.)
Quella notte la trascorsi in uno stato di profonda agitazione. La mia confusione mentale era al massimo, non riuscivo più a mettere in fila alcun pensiero. Mi sforzavo di ragionare ma ero sopraffatto continuamente  da emozioni contrastanti. Cercavo di pensare a Fimère, convinto di trovare dentro di me i morsi laceranti del mal d’amore, scontando in tal modo la mia condotta vigliacca e, quindi, arrivare ad una forma di riscatto, di sublimazione che potesse dare un qualche senso a ciò che era avvenuto.