Zenone (E. Giunchi) - Ballo al circolo |
“Ha proprio bisogno di divertirsi un po’”
Paco aveva buttato lì quella frase, come a ribadire una cosa ovvia. Poi
si era rimesso subito al lavoro. Mi aveva sorpreso mentre mi incantavo a
guardare Lourdes. Si era fermato appena il tempo di dire quelle parole e subito
inabissato nuovamente nel suo mondo.
L’avevo trovato intento a torturare lo strumento. Nel senso letterale del
termine. Aveva smontato tutto ciò che era possibile togliere senza danneggiare
la chitarra ed era tutto preso a saggiare la resistenza fisica di ogni parte
dello strumento. Le corde erano appese a dei ganci fissati alla libreria e
pendevano, tirate allo spasimo da dei pesi che lui aveva attaccato alle
estremità . Intanto batteva con i polpastrelli sul legno della cassa,
percorrendone ogni centimetro per saggiarne a fondo la resa acustica. Quando,
spesso, trovava qualcosa che non lo convinceva fino in fondo, batteva più forte
insistendo sullo stesso punto, a volte ancora con i polpastrelli, a volte invece
con le nocche. Dava colpi secchi, cattivi. Il suo non era un modo per conoscere
a fondo lo strumento.
Io lo guardavo affascinato da tanta dedizione, cercando di comprendere
cosa potesse passare in quei momenti nella mente del musicista. In fondo
provavo dell’invidia per la capacità di concentrazione che dimostrava. Io non
ne sarei stato capace. Mentre l’osservavo mi distraevo pensando ad altre cose.
Lourdes si era appoggiata silenziosamente allo stipite della porta, come faceva
spesso quando ero da loro. Aveva un’aria serena che le donava un’aura di
bellezza classica.
Quando Paco se ne era uscito con quella frase mi ero scosso, trafitto da
un vago senso di colpa, come di chi è colto a fare un’azione poco opportuna.
Ero restato ancora una mezz’oretta per fare delle riprese, poi avevo salutato
Paco e me ne ero andato. Nell’accompagnarmi alla porta Lourdes aveva alzato
furtivamente la mano con le dita aperte. Mi avrebbe aspettato l’indomani alle
cinque, al solito bar.
L’effetto benefico del gesto di familiare intimità che aveva fatto
Lourdes cominciò a svanire non appena arrivai alla tele. Entrare là dentro mi
metteva in uno stato di profondo malumore. Non si trattava neppure della
questione della Lista. Il fatto era che non sopportavo di assistere alla disgregazione
del nostro lavoro. Bene o male quell’emittente era qualcosa che avevamo tutti
contribuito a far vivere e che avremmo volentieri visto crescere nel tempo.
Invece tutto stava andando a rotoli. Da quando Maria e Luciano avevano scalzato
Anna nulla funzionava più come avrebbe dovuto. Non c’era chiarezza sui ruoli,
non c’erano progetti degni di questo nome, gli incidenti tecnici erano
all’ordine del giorno ed eravamo sommersi dalle proteste di chi ci continuava a
vedere. Avevo avuto ragione nel prevedere tale sfacelo ma questo non mi dava
nessuna soddisfazione. Mi dava invece noia il vedere che Paolo sembrava non
accorgersi di nulla; continuava a svolgere placidamente il suo lavoro e quando
gli facevo presente la situazione si limitava a scrollare distrattamente le
spalle.
Anche quel giorno Maria stava litigando con Luciano. Chiusi nel loro box
li si poteva osservare dai vetri mentre si scannavano sempre sulla stessa cosa.
Loro probabilmente non sospettavano che la cosa fosse risaputa, ma in redazione
la cosa era assodata. Luciano voleva usare l’occasione della riduzione di
organico per consumare le sue vendette. Fuori Anna per prima e dietro a lei
tutti quelli che stavano dalla sua parte. Io ovviamente ero fra quelli. Però
Maria non voleva cedere, teneva il punto rinfacciandogli che in quel modo loro
non ne avrebbero tratto alcun vantaggio. Gli diceva che la sua era una visione
miope, che bisognava essere più cauti e più astuti allo stesso tempo, che lì
dentro di nemici ne avevano molti ed alcuni erano assai più pericolosi di Anna.
Lo invitava a riflettere, a stringere di più i rapporti con la proprietà. A
Luciano tutta quella prudenza non piaceva, lui ci sarebbe andato giù duro senza
tanto riflettere. Poi si sarebbe visto. Mentre loro litigavano la tele andava
velocemente in rovina.
Mi chiusi nella stanza di Paolo a montare con lui la prima puntata del
mio servizio. Almeno quello era un progetto definito! Non sarebbe certo servito
da solo a risollevare le nostre sorti, ma mi dava comunque un certo orgoglio.
Ci buttammo a capofitto nel lavoro senza cercare distrazioni. La cosa mi stava
bene perché in quel momento non avevo nessuna voglia di discutere con Paolo.
L’indomani tornai di buon ora in ufficio per finire il lavoro, che mi
tenne occupato fino a metà pomeriggio. Mentre preparavo l’RVM con i pezzi
montati da Paolo pensavo all’appuntamento con Lourdes. Non vedevo l’ora di
incontrarla. Avevo tante cose da discutere con lei, a partire dalle curiose
modalità di lavoro del suo uomo. Pensare a Paco mi dava un lieve disagio, che
non mi sapevo spiegare. I piccoli sotterfugi che Lourdes usava per i nostri
incontri non potevano certo essere visti come una forma di tradimento della
nostra amicizia. Tutto quello che facevamo era per il suo bene, in fin dei
conti. Per scacciare quelle piccole nuvole mi concentravo sugli argomenti che
volevo analizzare con lei. Quando fu l’ora mi avviai con la consapevolezza che
ne sarebbe uscito un buon lavoro.
Lourdes era già arrivata. La vedevo attraverso i vetri, seduta al solito posto.
Mi fermai ad osservarla meglio. Se ne stava composta, quasi volesse farsi
trasparente. Sembrava assorta nei suoi pensieri, ma i suoi piccoli gesti
tradivano un certo nervosismo. Si aggiustava i capelli, spostava con rapidi
gesti aggraziati le cose che erano sul tavolino, il tutto senza mai alzare lo
sguardo. Sapeva che sarei arrivato puntuale. Mi sorpresi a domandarmi se fosse
felice.
Entrando ripassai ancora una volta velocemente la scaletta che mi ero
preparato. Lei doveva essersi accorta del mio arrivo perché d’un tratto alzò
gli occhi verso di me. Mi guardò senza accennare un saluto, con la stessa
serietà che aveva un attimo prima, quando era immersa nei suoi pensieri. Io la
guardavo a mia volta, affascinato dalla bellezza che emanava dal suo volto e da
tutta la sua persona. Non avevo mai incontrato fino ad allora una donna così
bella. Nei pochi attimi che mi ci vollero per raggiungerla la divorai con gli
occhi, incapace di controllarmi. Tutto quello che avevo preparato si era
dissolto di colpo ed ora un solo pensiero dominava la mia mente. Ha bisogno di
divertirsi.
Lei mi fece cenno di sedermi. Io esitai un attimo, con le viscere in
subbuglio ed il cuore che pompava ad un ritmo inusuale. Sulla sua fronte si
formò una ruga interrogativa.
“Su, vieni. Non restiamo qui, oggi” le dissi, prendendole una mano per
indurla ad alzarsi.
Lei mi seguì, senza porre alcuna resistenza.
“Dove andiamo?” mi chiese solamente.
Non le risposi.
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