P. Picasso - Jacqueline |
Giuliana se n’era andata in punta di piedi, la notte fra il sabato e la
domenica. Era morta senza mai aver ripreso conoscenza, consumata dalla vana
lotta contro la devastazione che le avevano inferto i suoi aguzzini.
I genitori, piegati da un dolore troppo vasto per poter essere accettato,
non avevano pensato di informarci. Tanto meno lo aveva fatto il convivente, che
ci accomunava nel rancore al resto dell’umanità.
Durante tutta la domenica nessuno di noi era passato dall’ospedale,
neppure quei pochi che ancora ogni tanto ci facevano una capatina. Così
successe che lo sapemmo solo il lunedì mattina.
Era stato Xavier, di ritorno da uno dei suoi viaggi, a portarci la
notizia. Era entrato in redazione portandosi dietro, come sempre, il profumo
dell’aria che a quell’ora saliva su dal fiume densa di odori.
“Allora è morta” aveva detto e noi tutti ci eravamo irrigiditi ai nostri
posti. Non eravamo pronti, pur avendo sempre saputo che solo quello poteva
essere l’esito. Restammo impalati, senza il coraggio di guardarci in faccia,
come per evitare di leggere la conferma definitiva ed inappellabile delle
parole di Xavier sul viso di qualche collega.
Poi Riccardo fece una cosa inaspettata. Smise di far rumore. Posò la
matita che aveva usato per percuotere senza sosta il bordo della scrivania e
riuscì a stare in silenzio perfetto. Sempre in silenzio si alzò, dirigendosi al
posto che era stato di Giuliana e si lasciò cadere sulla sua sedia.
Restò così per un tempo lunghissimo, con le mani che sfioravano appena
gli oggetti di lei; nessuno aveva avuto il coraggio di toglierli dalla
scrivania. Ci facemmo istintivamente vicini a lui in un abbraccio che sciolse
finalmente il nostro dolore in pianto.
Io stavo in mezzo agli altri, senza riuscire ad articolare un pensiero.
Non piangevo, era come se la notizia non mi fosse ancora arrivata al cervello.
Nella mia testa, piena delle tante cose che mi riguardavano personalmente,
faceva fatica a farsi largo quella novità. Ma, come a volte mi succedeva, mi
trovai a riflettere lucidamente su qualcosa di assolutamente diverso. Cosa ci
faceva lì Xavier? Dal momento in cui Anna era caduta in disgrazia non si era
più visto e non aveva più un contratto con la tele. Finii col pensare che
l’avesse convocato Paolo, per ragioni che non mi sapevo spiegare.
La voce ferma di Anna mi riportò alla realtà e scosse anche gli altri.
Improvvisò un discorsetto sulla povera Giuliana ma con la chiara intenzione di
spingerci all’azione.
“Su, ragazzi! Siamo giornalisti, non dimentichiamolo. La morte di
Giuliana è anche una notizia, che peraltro abbiamo appreso con grande ritardo.
E questa notizia si aggiunge alle altre di questi giorni. Non credo che le
abbiate dimenticate: il ferimento dei due nordafricani, l’incendio del GazPro,
per non parlare dello sfacelo che stanno facendo quelle nuove pasticche”
Fece una pausa. Annotai mentalmente che Paolo l’aveva ripescata,
affidandole la cronaca e lei aveva ricominciato ad agire con la solita energia.
Ci guardò uno per uno.
“Cosa sta succedendo nella nostra città? Ci sono legami fra questi fatti?
La gente, i nostri spettatori aspettano delle risposte e siamo noi a
dovergliele dare. TeleCittà deve essere la coscienza critica della comunità,
deve far capire alle persone il senso di tutta questa improvvisa violenza. Deve
chiamare i politici al loro dovere. Lo sapete, stiamo organizzando dei
dibattiti per metterli a confronto, ma siete voi a dovermi dare gli argomenti,
i fatti su cui incalzarli”
Ecco, la linea tracciata da Paolo cominciava a prendere forma. Anna, con
la sua prontezza di spirito, si era immediatamente adeguata e stava rapidamente
risalendo la china. Cavalcava l’onda come se fosse stata lei stessa a
generarla. Anche l’Antonia si era, a modo suo, schierata e si accingeva a
galleggiare anche in questo nuovo mare.
Ed io cosa dovevo fare? Non lo sapevo. A dirla tutta non riuscivo nemmeno
a mettere bene a fuoco la proposta che mi aveva fatto Paolo. Troppe cose
stavano capitando tutte insieme. Avevo un disperato bisogno di riflettere, ma
non ne avevo il tempo. Fui scosso da un moto di rabbia impotente. Per la prima
volta in vita mia ebbi la tentazione fortissima di mandare tutti al diavolo,
per potermi dedicare completamente a Lourdes.
Al funerale c’eravamo tutti. In mezzo alla gran folla accorsa per
testimoniare lo sgomento dell’intera città ci muovevamo come un gruppo
compatto, subito dopo i pochi parenti che sorreggevano il composto dolore dei
genitori. C’erano anche gli ultimi acquisti della tele, un paio di ragazzi giovanissimi
chiamati da Paolo per occuparsi delle nuove tecnologie.
Maria e, con lei, Luciano erano arrivati fra i primi, sfidando le
malelingue e sgomitando per accaparrarsi i posti più in vista. Mi si avvicinarono alla fine della cerimonia,
come capitando per caso. Luciano stava un po’ discosto, ma attento a carpire
ogni sillaba detta. Maria invece mi prese con decisione per il braccio, come se
avesse appena ritrovato un vecchio amico.
“E’ un pezzo che non ci si vede”
La guardai con occhi spenti.
“Sì, non è certo un bel momento per incontrarci” fece lei, proseguendo
subito dopo “ma questa è la vita. Ci sono persone sfortunate, come Giuliana, e
persone che la fortuna l’hanno cucita addosso”
Aspettò qualche secondo, come a sondare la mia reazione. Io non replicai,
non sapendo cosa dire.
“Te, per esempio”
Sussultai. Maria mi dette di gomito, ridendo sommessamente.
“Dai, non fare quello che cade dal pero! Certo che sei fortunato, con il
tuo amico a capo della baracca!”
Non avevo mai pensato che qualcuno potesse guardare a me in quel modo,
per il solo fatto di essere amico di Paolo.
Allargai le braccia. Non era certo una cosa meditata.
Maria intanto stava proseguendo.
“Nella tua posizione hai la strada spianata, ora. Sono contenta, te lo
meriti davvero. Anch’io ho sempre creduto nelle tue capacità. Ti ricordi quando
si è trattato di sostituire Xavier? Non ho avuto esitazioni e tu mi hai
ripagato con un lavoro davvero splendido. Ora però è giunto il momento che
anche tu faccia qualcosa per me”
Mi appoggiò la mano sull’avambraccio e prima che potessi obiettare
qualsiasi cosa, riprese il discorso.
“Non è molto quello che ti chiedo. Del resto, se ora mi trovo in questa
situazione è anche colpa tua. Ma non ce l’ho con te, lo so che non hai parlato
con l’intenzione di farmi del male. Il fatto è che c’è in giro troppa gente
cattiva, che approfitta di ogni cosa per colpirti. Ricordalo, Franco, perché
può succedere anche a te, ora. Ed è meglio che tu ti faccia degli amici, che ti
possano sostenere nel momento del bisogno. Devi esserne certo: io sarò dalla
tua parte”
Al disagio di essere visto dagli altri a parlare fitto fitto con lei, si
aggiungeva quello di non riuscire a capire dove volesse andare a parare.
“Sì, sarò tua amica fedele e potrò anche consigliarti, se lo vorrai. Ma,
vedi, al momento sono tenuta fuori dalla tele, come se fossi appestata. Paolo
sta facendo grossi cambiamenti e lì dentro c’è un sacco di cose da fare. Io e
Luciano potremmo dare una mano, se solo Paolo si decidesse a richiamarci”
Io ero sulla graticola. Non me la sentivo di troncare nettamente il
discorso di Maria, in fondo mi faceva pena. Non potevo nemmeno darle modo di
pensare che le sue parole avessero fatto breccia. Approfittai del fatto che ora
gli altri si stavano stringendo intorno ai genitori di Giuliana per sciogliermi
dal braccio di lei e dirigermi a fare loro le condoglianze.
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