Il posto della mente è una piccola oasi letteraria dove possiamo andare quando abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Di leggere, o scrivere storie. Storie inventate, come quelle che io, da principiante, sottopongo al vostro giudizio, oppure storie vere, piccoli "frammenti di vita" che scivolerebbero immediatamente nell'oblio se qualcuno di noi non li raccogliesse.

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sabato 19 marzo 2011

VOGLIO STARE DALLA PARTE DEL TORTO!

Ecco, siamo in guerra.
Di nuovo, dopo quella del Golfo, dopo il Kossovo, mentre ancora la stiamo facendo in Afganistan.

Ed io mi trovo nudo di fronte alle mie contraddizioni. Fino ad ieri parlavo ad alta voce della necessità di fermare Gheddafi, di quanto tempo stavamo perdendo invece di aiutare i ribelli, il popolo libico che si stava rivolgendo contro il regime.

E ora. La mia testa mi dice che ci sono mille ragioni per fare questa guerra. Ma il mio stomaco, l’intestino, ogni fibra dei miei muscoli si ribella a questa idea. Gheddafi è un dittatore. Uccide il suo stesso popolo. Un grande vento di rinnovamento sta spazzando il nord dell’Africa, dall’Atlantico fino al Golfo Persico. Far cadere il Rais è un dovere che serve a dare speranza a centinaia di milioni di arabi.
Ma dentro di me sento, fortissimo, l’urlo di quelli che la guerra la subiscono. Di coloro che non ne avranno alcun vantaggio. Di chi – e son sempre gli stessi – si prenderà le nostre bombe liberatorie. La guerra può avere tutte le ragioni del mondo ma poi si fa sulla pelle, nella carne viva dei poveri cristi.
Cosa importa il cambio di regime, cosa importa la speranza stessa di miglioramento a chi guarda la bomba dalla parte del detonatore? A quelli che cercano inutilmente riparo dalle schegge intelligenti di una guerra speditagli da diecimila metri d’altezza? A quelli che hanno il torto di essere nel posto sbagliato?

Poi lo so che ci sono almeno dieci buone ragioni, ma so anche che ognuna di esse nasce da errori, da connivenze, da interessi inconfessati. So che si sarebbe potuto agire prima e meglio per evitare di arrivare a questo punto. Noi italiani, poi! Con che coraggio, con quale dignità ci proponiamo ora come combattenti , addirittura come guida delle truppe da gettare nella mischia. Noi che da sempre abbiamo coperto Gheddafi, che lo abbiamo accolto come socio nei nostri Consigli di Amministrazione, che lo abbiamo blandito fino all’estremo del ridicolo. Noi che – solo sei mesi fa! – gli abbiamo messo graziosamente a disposizione le più avvenenti Escort di Stato!
No, non posso proprio dare il mio consenso. Not in my name, come si usa dire.

A chi ne abbia voglia e condivide con me questi sentimenti, regalo l’ascolto di una canzone di Fabrizio De Andrè. Lui ne ha scritte tante contro la guerra. Oggi voglio proporvene una delle meno conosciute “Sidun”. Forse perché è in dialetto. Ma per me è di una forza sconvolgente. Buon ascolto.



per chi non è genovese, ecco il testo:


SIDUN

U mæ ninin u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de stæ de stæ
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de bæ
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perché de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce aerbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'ereditæ
l'è ascusa
'nte sta çittæ
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a

SIDONE

Il mio bambino il
mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca
cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico
non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al modo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.

4 commenti:

  1. Creuza de ma è uno dei 10 che mi porterei via in caso di qualsiasi cosa.
    Per quanto riguarda la guerra io sono allineata con Gino Strada,MAI E IN NESSUN CASO.
    Se c'era una cosa da fare subito, alle prime carneficine, era di arrestare Gheddafi e basta, non stare a guardare come andava a finire tirando in ballo la religione e altre fregnacce,ma forse il mio è un ragionamento da massaia…
    A presto,è un piacere leggerti.

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  2. io schifo la guerra in tutte le sue forme. ma ancor più schifo mi fa l'ipocrisia delle moderne democrazie occidentali, che intervengono con bombe e proiettili solo quando e dove gli fa comodo.

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  3. Ragionamento da massaia nr 2: prima eravamo indebitati con gli USA ora scopro con stupore che dobbiamo una cifrata ai francesi. Mi domando con una certa apprensione chi sarà il prossimo creditore. Bisognerà imparare a chiamare le cose con il loro nome o il mal di stomaco diventerà un'ulcera.

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  4. Make love not war. SEMPRE!!!
    TI invio un post che scrissi alcuni anni fa, anch'esso riferito a una canzone del mio amatissimo Faber.

    Scusate, ma non posso postarlo perchè mi l'url contiene caratteri non ammessi. Peccato. Se volete potete venire a visitarmi e andare al post del 30 gennaio intitolato La guerra di Piero.

    htts://pensieridiunapenna.wordpress.com

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