Il posto della mente è una piccola oasi letteraria dove possiamo andare quando abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Di leggere, o scrivere storie. Storie inventate, come quelle che io, da principiante, sottopongo al vostro giudizio, oppure storie vere, piccoli "frammenti di vita" che scivolerebbero immediatamente nell'oblio se qualcuno di noi non li raccogliesse.

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sabato 8 gennaio 2011

Raccontami [gianbarly]

C’era una volta un re, erede di una nobile dinastia, che disse alla sua donna: “Raccontami una storia” e la donna cominciò:

C’era una volta un re, grande e potente, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia” ed ella cominciò …


Un momento, fermati!” disse il re “Tu stai raccontando la nostra storia”
“Perdonami se ti contraddico, mio signore e sposo, ma non è così. La donna della storia è una serva”
“L’ho pur sentito, ma la storia è la stessa”
“Essa è molto simile, in realtà, ma non è la stessa. Sono le piccole cose, a volte, che fanno le grandi differenze. Permettimi di continuare e vedrai.

La serva cominciò:
C’era una volta un principe, bello e famoso, che chiese ad una fantesca “Raccontami una storia” e la fantesca cominciò …
“Serva, che storia è mai questa!”
“E’ una storia, assai bella, che ha dentro un’altra storia, mio padrone. Non piace al mio signore?”
“Non dico questo. Dico che è strana”
“Perdonami, ma nulla ci impedisce di raccontare di qualcuno che a sua volta racconta”
“Serva, ora sei insolente, tu mi vuoi mettere alla prova! Se dentro alla tua storia c’è un’altra storia, allora dentro a quest’ultima ce ne potrebbe essere un’altra, e dentro quest’altra, un’altra ancora”
“Certamente, sire. Ogni storia ne contiene almeno un’altra. E per ogni storia c’è qualcuno che la racconta”
“Ecco il punto! Devi capire che tutto questo è pericoloso, molto pericoloso. Se racconti una storia, essa deve essere semplice, ben circoscritta, in modo che tutti possano capire chiaramente di quale storia si tratta. E, soprattutto, deve avere solo uno che la racconta”
“Non capisco, mio re”
“Io credo invece che tu sia in grado di capire. Anche se sei solo un serva, so riconoscere la tua intelligenza. Non a caso chiedo a te e non ad altri di raccontarmi le tue storie, anche se un po’ pericolose, in verità. Perché, vedi da te dove porta quello che mi stai dicendo: la tua fantesca racconta la sua storia, ma è sua volta raccontata da te. Se accettiamo questo, dobbiamo anche accettare che ci possa essere qualcun altro, da qualche parte, che sta raccontando la nostra storia”
“Perché no, mio sovrano”
“E’ proprio questo, invece, che non posso tollerare! Non ti rendi conto, sciocca serva, che cosa può significare per me, per il simbolo che incarno? Io qui, nel mio regno, con la mia persona, con i cerimoniali che definiscono in ogni dettaglio il modo in cui voi sudditi vi dovete comportare in mia presenza, ecco, io rappresento il Potere. Il potere che mi deriva direttamente da Dio. Quale sarebbe la mia presa sul popolo se, invece di essere visto come il rappresentante di Dio, la personificazione del suo potere, fossi solo l’inerme protagonista di una storia raccontata da altri? Quel narratore di cui cianci non può esistere. Il fatto stesso che io sia il re, lo esclude”

“Che sciocco il tuo re, cara moglie!”
“Lo pensi davvero?”
“Ma certo. Egli si crede un grande sovrano, il cui potere deriva nientemeno che da Dio in persona. Si fa scudo del cerimoniale, che mi immagino assai sfarzoso, per affermare il suo primato. In realtà egli è un piccolo uomo, che si gonfia tutto per apparire più grande”
“Sei davvero impietoso con lui, caro marito”
“Guarda donna, dove porta questa sua arroganza. Egli è, ne’ più ne’ meno, che il frutto delle tue parole. Ma non accetta, nemmeno come remota ipotesi, quello che noi sappiamo essere la pura realtà. Lo nega e sarebbe forse disposto a mettere a morte la serva, se essa insistesse nella sua posizione. Chi nega la realtà è un sciocco”
“Non voglio prender le sue parti, ma, in fondo, lo fa per difendere la monarchia. Qualcosa che dovrebbe stare a cuore anche a te, marito”
“Tu ben sai come la penso, mia cara. La mia regalità non la affido a trucchi così dozzinali. Sono il re perché sono il migliore e tutti me lo riconoscono. Il primato lo conquisto giorno per giorno, con i miei gesti, con l’esercizio quotidiano delle mie capacità. Solo così si costruisce un potere solido, non con cerimonie o negando la realtà come fa il re del racconto”
“In effetti il tuo potere è grande, lo so. Ma, se ci pensi, il re sciocco della mia storia, ha un potere ancora più grande”
“Come è possibile?”
“E sì, perché lui ha potere su di te”
“Su di me?”
“Certo, su di te. Lui, con sui modi arroganti, con il fatto che interrompe il racconto della serva, ti impedisce di conoscere come prosegue la sua storia. E dire che è una così bella storia!”
“Ma che dici, donna. Tu puoi continuarla a tuo piacimento. Egli non è altro che un burattino nelle tue mani”
“No, non è così, davvero. Non si può cambiare una storia, una volta che è stata creata. Da quel momento essa ha una propria vita, indipendente dalla nostra volontà, che non si può arruffare secondo il nostro estro del momento. Sarebbe un’altra storia. Ma, ragiona un poco, mio signore. Questo torna a tuo vantaggio”
“Stasera mi sorprendi, moglie. Come posso trarre io vantaggio da ciò?”
“Ma è evidente. Quello che vale per il re sciocco, vale anche per te. Voglio dire che se lui ha il potere di tenerti in scacco rispetto alla sua storia, tu hai lo stesso identico potere rispetto a colui che, forse, sta raccontando la nostra”
“Hai ragione. Ma davvero tu non puoi continuare la storia? In fondo non devi mica cambiarla. Basta che la continui dal punto in cui la serva inizia il suo racconto”
“Mi spiace ma non posso proprio. Vedi, io conosco il seguito della storia solo nel momento in cui la serva lo racconta al re sciocco. Se il re la interrompe, io non posso più sapere come continua”
“Quello che mi dici, moglie, è giusto e credo di comprenderlo. In verità è una perfetta rappresentazione di cosa sia il potere”
“Ora è la tua profondità a sorprendere me. Cosa vuoi dire?”
“Che il potere è ben diverso da come uno se lo figura. Il popolo, ma anche noi, in fondo, siamo inclini a credere che avere il potere significhi poter decidere a proprio piacimento, secondo l’inclinazione del momento. Il potere non è questo”
“Se non questo, cos’altro può mai essere?”
“Il potere è un’illusione”
“Ma…”
“Sì, un’illusione. Perché nessuno, anche il più grande degli imperatori, può piegare gli altri alla sua volontà. Può fare in modo di farsi ubbidire, può riuscire a far eseguire i suoi ordini, dare delle disposizioni e vedere persone che si affrettano a portarle a compimento. Ma, vedi, egli si illude se pensa di avere in pugno la volontà di quegli uomini, dei suoi sudditi. La grande maggioranza di loro gli ubbidisce perché costretta, o per convenienza, oppure ancora perché vede in lui qualcosa che non c’è”
“Cosa vuoi dire con qualcosa che non c’è?”
“Moglie, segui le mie parole, ti prego. I sudditi più fedeli, i migliori che un re possa avere sono quelli che ti amano, che ubbidiscono alle tue parole non per meschino calcolo, o peggio per il terrore di essere puniti. Sono coloro che trovano piacevole fare quello che tu desideri, che rinunciano volentieri ad una parte di se stessi per mettersi al tuo servizio”
“Appunto costoro rendono vano, a mio avviso, il tuo ragionamento: su di loro il tuo potere è reale, non derivando ne da calcolo ne da costrizione”
“No, mia adorata, sei tu che sbagli. Perché nessuno di loro, a ben vedere, mi ama per quello che sono veramente. Se vai da ognuno di questi sudditi e parli con lui, se lo interroghi su di me, se cerchi di comprendere il motivo del suo amore, scoprirai rapidamente che egli vede in me non quello che sono ma solo ciò che lui desidera vedere. Io per lui sono un simbolo, da interpretare a proprio piacimento e a propria convenienza. Sono un padre buono, se di questo ha bisogno, oppure un severo maestro, se invece desidera essere guidato. In ogni caso il potere, che in questo modo egli mette nelle mie mani, non scaturisce da me ma da lui medesimo. Nessuno ha realmente potere sugli altri. Chi governa ha bisogno di simboli per farsi ubbidire. La forza da sola non può bastare. Essa è in grado di piegare un popolo per qualche tempo, ma non a lungo. Anche il più feroce dei dittatori ha bisogno che i sudditi si affidino a lui spontaneamente, seguendo quelle regole che ti ho appena illustrato. Senza di questo egli non potrebbe restare a lungo al potere”
“Quindi il potere è una pianta che tu devi coltivare con amorevole cura, giorno dopo giorno, in modo che resti sempre verde!”
“Sì donna. Può essere una buona pianta, se la coltivi nel modo giusto oppure velenosa ed opprimente se l’annaffi con l’odio. Ma, in ogni caso, va curata con costanza da chi ne trae la sua legittimazione. E ora andiamo a dormire, che domani sarà un giorno assai pesante”

1 commento:

  1. Mi permetto un Off Topic per avvisarti che ho "premiato" il tuo blog.

    http://provetecnichedisogni.blogspot.com/2011/01/premio-sunshine-awards.html

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