Delina è nata così, una ragazza piccola, graziosa e determinata. Nella mia mente doveva essere estremamente femminile pur facendo un mestiere da uomo. Sentivo che lei aveva una passione per la meccanica, in particolare per le moto. Ho cominciato a scriverla così, pervaso però da dubbi: avevo forse osato troppo? Davvero potevano esserci donne che guidavano motociclette in quegli anni?
La questione mi frenava alquanto e non mi decidevo ad andare avanti finchè non mi sono imbattuto nella foto qui accanto. L'ho presa dal sito .... pensate un po' ... di Cà di Landino, il paese dei pozzi inclinati per il cantiere della Direttissima! Se non è un segno questo!
Allora il capitolo è andato via liscio, con ogni cosa al suo posto. E siccome per me parlare di moto significa, per una singolare coincidenza familiare, parlare delle Benelli, ho inserito un incontro fra lei e il giovane propietario di quel marchio glorioso:Giovanni Benelli.
La storia, interessantissima, della nascita di quella gloriosa fabbrica e dei suoi successi la potete trovare su Wikipedia o su siti di fanclub (come questo http://thevintagent.blogspot.it/2011/12/fratelli-benelli-racing.html da cui ho tratto la foto dei fratelli Benelli).
Il terzo da sinistra è proprio Giovanni. Il primo invece è Antonio, detto "Tonino" che portò la loro moto a vincere tutte le più importanti competizioni internazionali negli anni '20 e '30.
Infine, per stimolare la vostra curiosità, ecco il brano del loro incontro:
Un
giorno, mentre armeggiava su una malandata Augusta 175, una voce alle sue
spalle la fece quasi sobbalzare:
“Che ce
l’avrebbe una chiave inglese da prestarmi?”
Delina si
tirò su, piantando i suoi occhi decisi sul giovanotto che le aveva fatto la
domanda. Era un tipo piuttosto alto, distinto, con un bel giubbotto di pelle
sopra la tuta. Aveva alzato sulla fronte gli occhialoni da motociclista.
Accanto a lui una Benelli 175 monoalbero. La riconobbe al primo colpo, anche se
non se ne vedevano tante in giro a quell’epoca.
Quell’esemplare
aveva però qualcosa di strano. Delina lanciò uno sguardo interrogativo
all’uomo.
“Ecco,
signorina. Non vorrei darle disturbo, ma ho un problema alla moto e mi
servirebbe una chiave del 12, se può prestarmela per un momento”
“La
chiave ce l’ho” rispose ruvida Delina mentre gliela porgeva. “Ma lei è capace a
far da sè?”
Il
giovanotto scoppiò in una risata.
“E lei
saprebbe metterci le mani?”
“Come no!
E’ un motore particolare, ma posso cavarmela anche con quello”
L’uomo
stette un attimo in silenzio, come per valutare quello che lei gli aveva detto.
“Facciamo
così. Mentre io la sistemo, lei mi segue, così le insegno due o tre segreti di
questo motore”
Delina
fece un’espressione fra la sorpresa e l’offesa. Ma chi si credeva di essere
costui?
“Non si
arrabbi, la prego. E non mi consideri arrogante. Vede, questo motore credo di
conoscerlo meglio di chiunque altro”
La guardò
con aria seria.
“L’ho
disegnato io”
Delina
restò con il respiro a metà.
“Via,
sarà ora che mi presenti. Sono Giovanni Benelli e questa è la moto che sto
mettendo a punto per mio fratello Tonino. Quello che corre, lo conosce?”
Lavorarono
insieme per un’ora buona, mentre lui le raccontava la storia di come, assieme
ai suoi fratelli, avesse creato le famose Officine Benelli di Pesaro. Della
madre Teresa che li aveva indirizzati a quel mestiere e senza la quale nulla
sarebbe stato possibile. Delle serate sacrificate al divertimento per costruire
un motore tutto loro. Con pazienza e passione le mostrò le modifiche che aveva
apportato ai disegni originali per farne un motore da competizione.
Quel
giorno Delina imparò più cose di quante ne avesse conosciuto fino a quel
momento. Furono probabilmente i momenti più belli che avesse trascorso
nell’officina paterna, che rinsaldarono definitivamente in lei la passione per
la meccanica. Quei pezzi di metallo, resi brillanti dall’olio che li ricopriva,
erano materia viva nelle loro mani. Come una squadra ben affiatata aprivano,
analizzavano e sistemavano il cuore di quel gioiello come se si trattasse di
operare una persona in carne e ossa. Delina non avrebbe più smesso.
Nell’accomiatarsi
Giovanni Benelli fece i complimenti alla ragazza.
“Lei non
sfigurerebbe nelle mie officine, glielo garantisco. Neppure nel reparto corse,
dove mettiamo solo i meccanici migliori”
Delina
abbassò lo sguardo, confusa.
“Anzi, se
un giorno volesse lasciare questi posti e venire giù da noi, venga a trovarmi
che un posto in fabbrica per lei ci sarà sempre. Ci pensi”.
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