Ancora una volta mi lascio dondolare dal ritmo costante
del respiro. Ogni movimento della cassa toracica mi fa distendere fin quasi al
limite massimo delle mie capacità per farmi poi ritornare lentamente alla mia
forma originaria. E’ come una ginnastica dolce, distensiva, un massaggio
delicato che tonifica il corpo. Un movimento in perfetta sincronia con le altre
cellule dell’alveolo. Tutte insieme ci distendiamo all’arrivo dell’aria fresca,
ne assorbiamo quanta più ci riesce e poi via, a risputare fuori altra aria,
carica di anidride. Una danza cui tutti partecipano con gioia.
Eh no, che palle! Io non sono certo contenta! Hanno
voglia di dirmelo, le altre. Di indorarmi la pillola, di blaterare che questo è
il nostro destino, che siamo nate epitelio polmonare e che questo è ciò che ci
spetta. Che siamo fortunate a non essere nell’intestino o in altri posti
schifosi come la cistifellea o la vescica. No, non ci sto! Potendo scegliere,
avrei preferito essere una fibra cardiaca o addirittura un neurone. Qualcosa
che conta, insomma. Non una nullità assoluta, dentro uno stupidissimo alveolo
polmonare. Potessi almeno parlare un po’, avere una conversazione decente, ma
con chi? Queste qui a fianco meglio lasciarle perdere, hanno una visione che
non va oltre il loro citoplasma. Ho provato a buttare una voce un po’ più in
là, tanto per vedere se qualcuno mi rispondeva, ma mi hanno detto di star zitto
e di fare il mio lavoro senza disturbare troppo.
Per ammazzare il tempo ho cominciato a raccattare
tutto quello che l’aria porta fino a qui. Poca roba, in verità. Giusto qualche
pelucco, piccoli grumi di strane sostanze. Però, appena qualcosa mi capita a
tiro, non me lo faccio sfuggire. Mentre prima lo respingevo, come fanno le
altre, ora svelta lo acchiappo e lo inglobo rapidamente. Non ho idea di cosa ne
farò di questa roba ma almeno ho qualcosa di interessante da analizzare. Lo
metto da parte ed inizio a studiarlo.
Ora poi che il tizio ha cominciato a fumare, è quasi
una festa: arriva roba in quantità. La mia raccolta si arricchisce ogni giorno
di più e io ho un gran daffare. Da una parte sto attenta a non lasciarmi
sfuggire nulla di interessante, dall’altra sto cominciando a fare esperimenti
con quello che ho accumulato. Analizzando bene, ci sono un sacco di cose notevoli,
sostanze che mi permettono di cimentarmi in piccoli lavori di chimica. Ho
scoperto che certe goccioline gialle contengono una sostanza che scioglie i
grassi. Poi, mescolando adeguatamente diversi componenti, ho cominciato a
modificare alcune proteine, ma la cosa non mi riesce tanto bene. A volte ci
riesco e a volte no, non riesco a capire dove sbaglio. Più eccitanti i
tentativi con i cromosomi, invece. Riesco ormai a spezzettarli e a rimetterli
insieme con grande rapidità. Ed ogni giorno arrivano nuovi materiali, con cui posso
affinare le mie tecniche.
Ormai padroneggio gran parte delle mie
realizzazioni. Non mi annoio più. Sono proiettata verso nuove frontiere. E’ da
un po’ che sto lavorando ad un progetto ambizioso. Del resto senza un po’ di
ambizione non si va da nessuna parte. Come succede alle mie vicine, che nemmeno
si accorgono di quello che sto facendo. Continuano a fare il loro lavoro da
schiave senza porsi alcuna domanda. Ben gli sta. Chissà che faccia faranno,
quando vedranno realizzato il mio progetto! Io l’ambizione ce l’ho e, grazie a
dio, anche una buona dose di intelligenza. E la fantasia necessaria ad
immaginare un futuro diverso, più eccitante. Qualcosa per cui valga la pena
vivere, perbacco!
Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta. Me lo
ripeto di continuo perché neanch’io ci posso credere. Eppure è vero, la vedo
con i miei occhi, posso toccarla, non è un’illusione. Ho creato un’altra
cellula. Un mio doppio. Una esattamente come me, che fa quello che voglio io.
Era da un po’ di tempo che me lo sentivo. A forza di riarrangiare il dna, di
tagliare, spostare e riattaccare pezzi, sentivo che la mia forza cresceva, che
diventavo diversa e migliore delle altre. Alla fine non è stato difficile. E’
bastato cambiare un’ultima sequenza di geni e il gioco era fatto. In pochi
istanti ho prodotto un’altra cellula. Ora siamo in due a raccogliere quello che
arriva nei polmoni. Questo successo mi apre prospettive incredibili. Con
l’aiuto di una cellula gemella posso fare molte più cose. Diciamocelo
francamente, il progresso arriva grazie a gente come me, che si mette in gioco,
che rischia e fatica ma, alla fine, riesce a cambiare il corso della storia.
Ovviamente il mio successo comincia a dare fastidio.
Non mi basta il dover correre tutto il giorno per organizzare ogni cosa nei
minimi dettagli. Ho veramente un sacco da fare perché gli affari stanno
cominciando ad andare nella giusta direzione. Ma quanto lavoro! Da quando ho
imparato a creare nuove cellule devo star loro sul collo perché raccolgano
tutte le sostanze che ci capitano a tiro. Mi servono per i miei esperimenti.
Poi bisogna trovare il materiale per loro, per fare nuove cellule, mica si
possono creare dal nulla. Una fatica; ma ora siamo un buon numero. E così sono
arrivate le invidiose. Quelle che non hanno fatto nulla, dico proprio nulla,
per cambiare la loro sorte. Capaci solo di protestare perché gli diamo
fastidio, secondo loro. Certo, abbiamo bisogno di spazio, non lo nego, ma in
verità cerchiamo di espanderci verso il lume dell’alveolo, evitando di stargli
troppo addosso. Nonostante tutti questi riguardi, che non meritano di certo,
vengono a dirmi che non si può andare avanti così, che la nostra presenza le
irrita, che chissà dove andremo a finire, di questo passo.
Io però non mi arrendo, non gliela do a vinta. Anzi,
ogni ostacolo è uno stimolo per me, ogni critica un modo per capire nuove cose.
Mi hanno urlato in faccia, senza alcun riguardo per uno che lavora come un
negro, che tolgo loro il cibo, che non ce n’è a sufficienza per tutti. Bene,
questo mi ha fatto venire un’idea. Se c’è poco cibo, facciamone arrivare di
più. Ho fatto due conti ed ho visto che non è difficile. Con le mie gemelle
abbiamo cominciato a costruire nuove piccole arterie, in modo da far affluire
più sangue là dove ce n’è bisogno. Ovviamente mi son guardata bene da dare
soddisfazione a quelle quattro comari. Le nuove arterie sono destinate solo a
noi che abbiamo bisogno di crescere ed in fretta. La cosa funziona a
meraviglia; più sangue significa più cibo, così ho potuto raddoppiare la
velocità con cui ci moltiplichiamo. Ormai l’alveolo è interamente nelle nostre
mani e già penso di espandermi in quelli vicini.
Non ci voleva, non ci voleva proprio. Stamattina
presto è arrivata la polizia. Io lo so che non è venuta per caso, certe cose
non piovono dal cielo. So chi li ha mandati. Ma me la pagheranno, lo giuro! Il
fatto è che si sono presentati tre o quattro macrofagi, inappuntabili nelle
loro divise ed hanno cominciato a spiegarmi che questo stato di cose non poteva
più essere tollerato, che la mia attività crea disordine. Mi hanno messo sotto
il naso l’ordine firmato direttamente dal Sistema Immunitario. Hanno minacciato
di arrestarmi, se opponevo resistenza. Poi, metodicamente, hanno iniziato a
distruggere tutto quello che ho creato. A nulla sono valse le rimostranze, il
protestarmi innocente, vittima di un sopruso. Non hanno voluto ascoltarmi
quando dicevo loro che stavano ostacolando il progresso, che la libera
iniziativa è l’anima del benessere. Hanno distrutto tutto. Mi sono rimaste solo
un paio di cellule che sono riuscito a nascondere per tempo.
Che volete, io sono fatta così. Più mi colpiscono e
più acquisto energia. Se vogliono distruggermi divento furba. Ne so sempre una
più di loro. C’è voluto del tempo ma mi sono rimessa in piedi. Nuove cellule,
più forti e resistenti, capaci di far fronte con successo ai macrofagi. Nuove
arterie per poter essere autosufficienti. Soprattutto una nuova strategia. Ora
non ho più paura di dare fastidio, per cui ho deciso di avanzare
contemporaneamente su due fronti: continuerò ad espandermi nella cavità del
polmone, conquistando quegli immensi spazi liberi ma, nello stesso tempo, ho
addestrato un gruppo di cellule a puntare verso l’interno. Dobbiamo assicurarci
alcune postazioni strategiche. Il primo obbiettivo sono ovviamente i linfonodi.
La mia mente lavora febbrilmente, ogni giorno scopro nuove possibilità per dare
corpo al mio sogno. Voglio crescere abbastanza da essere riconoscibile da
quello che mi porta a spasso dentro di se. Se ci penso mi gira la testa. Io,
una piccola insignificante cellula dell’epitelio polmonare, che diventa così
potente da costringere il mio ospite a trattare con me.
Sto pensando seriamente di scrivere un libro. Mi
piacerebbe poter trasmettere tutta l’esperienza che ho accumulato in questi
mesi di duro lavoro. Lo intitolerò “Come diventare una cellula di successo”.
Che ve ne pare, eh? Non è che mi sto dando troppa importanza, per caso? No, no,
direi proprio di no. Se mi guardo intorno, nessuno all’interno di questo corpo
ha fatto tanta carriera come me, nemmeno quelle spocchiose cellule grigie che
prima mi facevano tanta invidia. E’ facile nascere ricchi, si ha tutto subito,
senza alcuna fatica. Molto meglio quelli come me che sono partiti dal nulla,
che hanno creato la loro fortuna con il sudore della fronte.
Però che fatica. Bisogna sempre essere sull’avviso,
mai abbassare la guardia. Non c’è mai una conquista definitiva, un punto di
arrivo. L’imperativo è crescere, crescere sempre perché c’è ogni volta qualcuno
pronto ad appropriarsi del frutto del tuo lavoro, a metterti da parte e a
prendersi tutti i meriti. Bisogna combattere su tutti i fronti, senza alcuna
certezza alle spalle. Ogni volta è una partita decisiva. Più punti in alto e
più rischi di cadere rovinosamente. Fermarsi, però, è peggio, significa
condannarsi ad una fine ingloriosa. Ora non ci sono solo i macrofagi da cui guardarsi.
Stanno cominciando ad arrivare stranissime sostanze, estremamente tossiche, che
fanno danni terribili. Ma che sta facendo il tizio? Si vuole avvelenare? Fatto
sta che le mie cellule muoiono a milioni, è una strage. Mi ci vuole del buono e
del bello per rimpiazzarle, per trovare nuovi trucchi in modo da evitare anche queste
insidie.
Mentre combatto sono però ancora più lucida. Ora che
ho conquistato posizioni così importanti dentro al polmone e che sono in grado
di resistere anche a quelle sostanze terribili, ho deciso di fare un nuovo
passo in avanti. Mi voglio globalizzare. Espandermi, creare delle succursali in
altri organi. Sissignori, il mondo sta cambiando rapidamente ed io non posso
stare con le mani in mano. Il corpo del mio ospite è molto vasto, mica si
limita al mio polmone. Ci sono tante nuove possibilità di crescita per le mie
cellule. Ho studiato la cosa e credo di poter avere ancora una volta il successo
che merito. Adesso che ho il controllo di una fitta rete di arterie posso
mandare dei miei emissari in ogni parte del corpo. Devo solo fare le cose per bene,
per evitare brutte sorprese.
In effetti le mie grandi capacità (penso veramente
di essere la cellula più intelligente di tutto il corpo) vanno sfruttate fino
in fondo. So quanto un’impresa può essere difficile. Poi ho la responsabilità
di un numero enorme di cellule, che io ho creato e che credono in me e mi sono
riconoscenti. Devo dare un futuro a tutte loro. Per questo mi sto muovendo con
grande circospezione. Ho cominciato a trattare con gli organi che mi sembrano
più malleabili, i reni ed il fegato. Ho spiegato loro che le cellule che sto
mandando non devono considerarle come estranee, pericolose. Tutt’altro, gliele
mando per insegnare anche a loro la via per il progresso. Io, in fondo, sono
una cellula generosa e ci tengo a condividere con gli altri la mia fortuna.
Però trovo ancora così tante resistenze! C’è una
parte del corpo che mi odia, che vorrebbe distruggermi. Ogni giorno ricevo
lamentele, ingiunzioni, minacce. Il cervello mi è ostile. Cerca di metter su
tutti gli altri contro di me. Va dicendo che, da quando ci sono io il corpo si
indebolisce, che è continuamente attaccato da nuove malattie che prima riusciva
facilmente a sconfiggere. Ma, cribbio! Che rabbia, tutte quelle menzogne. Ma
non lo vedono, lorsignori, di chi è la colpa? Certo che le infezioni ci sono,
non lo nego di certo. Però, se il Sistema Immunitario non fosse politicizzato,
se invece di prendersela sempre e solo con me, se invece di combattermi tutto
il santo giorno con uno spiegamento di forze che non ha uguali nella storia, se
facesse invece il suo dovere e si limitasse a combattere le infezioni che
vengono dall’esterno, tutti questi problemi non ci sarebbero. Dicono poi che il
nostro ospite sta perdendo peso, che non riesce quasi più a camminare e deve
stare sempre a letto. Lo credo! Con tutte le medicine che prende. Sfido io, non
può mica pretendere di saltare come un grillo. Butta continuamente giù della
robaccia, sostanze che distruggono le mie povere cellule, e poi si lamenta. Non
è certo mia la colpa. Solo l’interpretazione maligna che ne da il cervello può
far breccia nella mente semplice di tante cellule. Altrimenti sarebbero tutte
con me. Dalla parte del progresso, del benessere per tutti.
Il cervello mi preoccupa. Da tempo sta lavorando
nell’ombra, grazie ai suoi contatti anche con l’esterno. Sta cercando di
coalizzare tutti contro di me, dicendo che sono il male assoluto, che devo
essere estirpato. Alcuni amici mi hanno parlato di cose terribili, di lame
affilatissime capaci di penetrare fino a qui e di portar via in un baleno tutto
quello che ho costruito. Stanno già facendo i preparativi. Prima hanno cercato
di eliminarmi per via immunitaria poi, visto che quella strada non funzionava,
ci provano in altro modo. Ma io non mi arrendo, sono pronta a combattere e,
modestamente, a vincere ancora una volta. Anche se dovessero asportare tutto il
polmone ho già dei saldi avamposti in un sacco di altri organi. Non ditelo a
nessuno, ma voglio rivelarvi un segreto: ho deciso di trasferirmi nel cervello!
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