Il posto della mente è una piccola oasi letteraria dove possiamo andare quando abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Di leggere, o scrivere storie. Storie inventate, come quelle che io, da principiante, sottopongo al vostro giudizio, oppure storie vere, piccoli "frammenti di vita" che scivolerebbero immediatamente nell'oblio se qualcuno di noi non li raccogliesse.

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venerdì 16 luglio 2010

(storia) Low cost [gianbarly]

Cinquecento. Ti faccio cinquecento.
Ma come, cristo, se erano ottocento.
I cinesi, caro, i cinesi. Una camicia a quattro. Un pantalone a otto. Manco potrei farlo il campionario.





Ma come faccio, cristo di cristo, a tirare avanti. E tu ne vuoi duemila, a cinquecento. Lo sai cosa significa? Anche solo a farne uno. Taglia, accoppia, spilla, verifica, poi ancora taglia, accoppia, spilla, verifica. A farne duemila, poi. Duemila campionari, cristo! Una, dieci, cento volte, non pensare, non ti distrarre, verifica, cristo, verifica! Te lo sai quante ore van via per farne duemila? Sì che lo sai, perché te ne faccio sempre duemila! Un mese mi ci vuole, cristo, un mese!
Senti, cinquecento sono e cinquecento restano, non mi cavo il sangue per te.
Ok, ok, cristo, va bene. E’ che ora c’è la Genni. Il mese scorso manca poco che mi rimane incinta.
Ah, c’hai la ragazza! E bravo! Così mi piaci, metti su famiglia, vai, che così diventi serio e metti la testa a posto! E magari, se gira sto cazzo di vento e si porta via i cinesi, sì, magari ti assumo pure, stabile. A nero, ma stabile!

Cristo. Io in sto’ cazzo di lavoro mica ci resisto. No. No. Lavoro da cinesi, lavoro di merda. E lui che è come che mi fa l’elemosina, cristo. Meno male che c’ho la Genni. Lei è in rifinizione, a cinquecento, come me. Cinquecento e cinquecento fanno mille, quando facciamo il mese tutti e due. Allora ce ne andiamo ai Gigli, lei mi prende a braccetto e mi dice dai! Andiamo ai Gigli a vedere quello che possiamo prendere con tutti sti soldi. Lei mi fa ridere e poi sto proprio bene. Meno male che c’ho lei.

Macchine, musica, gente. Tante macchine nel parcheggio, in fila, sul marciapiede, sui prati. Musica alta. Gente dappertutto. Dov’è la Genni, non la vedo. E’ arrivata prima di me, cristo, anche se siamo partiti insieme. Ai Gigli c’andiamo con il bus, che la macchina non ce l’ho. Poi è salito quel cristo del controllore. Prego biglietti, prego biglietti, prego. Prega sto cristo, noi i biglietti non ci si hanno. Gli ho detto alla Genni, vai, tu va avanti e scendi, che a lui ci penso io. Ci vediamo ai Gigli. Scusi controllore, guardi io il biglietto ce l’ho, ma la macchinetta non me l’ha timbrato, io c’ho provato, anche a quell’altra in fondo, ma non me l’ha proprio timbrato, cristo.
[E ti pare un biglietto, questo? Quant’è che ce l’hai in tasca, furbetto? Lo so io cosa fai te. Te lo tieni in tasca senza timbrare e poi cerchi di fregarmi. Questo, cerca di fregare me, l’avete capito? Ma a me non mi si frega, non mi fregano gli zingari, non mi fregano i cinesi, figuriamoci se mi frega questo qui! Oh, dove vai? Merda, m’è scappato, accidenti a lui…]

Macchine, musica, gente, da far girare il capo, ma poi la trova la Genni. E’ là che lo aspetta, sulla porta, la porta automatica che inghiotte tutti e poi tutti sputa. La porta che ti guarda, ti pesa, ti fruga in tasca, ti tira fuori la carta dal portafoglio.
Carta buona, sì, carta che vince. Target alto, attento al brand, budget a tre zeri. Carta silver, ooohh… molto buona, vince sì, sì che vince. Carta da negozio fino. Carta da prego si accomodi, glielo incarto o vuole un pacchetto col fiocco?
Carta povera, mmh, carta che perde. Buona solo per guardare le vetrine. Target basso, molto basso. Carta quasi Social, buona per i saldi, buona per il discount. Buona per il gioco della Genni, a chi trova la cosa più bella a mille, da sognare un po’, dai andiamo che questa volta vinco io!
Guarda Genni c’è la tele che sembra un cinema, a otto e ottanta! Cristo com’è bella. Ma no cazzo, guarda qua, il taieur per me e il completo gessato per te, che facciamo un figurone, con le scarpe, la borsa e tutto il resto… No, no, cristo, non vorrai mica buttare tutti i soldi per due stracci, vieni qui che ti prendo la lavatrice, poi la lavastoviglie e anche il forno! No, il forno non lo voglio, che andiamo tutti i giorni al ristorante e io non devo cucinare mai. Guarda invece, cazzo, oh cazzo, oooh cazzo cazzo cazzo, mi sa che ho vinto io… Che cristo c’è in quella vetrina, che pare che hai visto la madonna.

La Genni se lo stringe forte, come se potesse scapparle proprio ora. Guarda la vetrina e quasi si mette a piangere. Dai, che fai, è solo una vetrina, ma, ti piacciono i viaggi, non me lo credevo.
Non è un viaggio, cazzo! E’ Dublino, non lo vedi?
Beh, e allora…
Ma come, non capisci, è Dublino… Lo sai tu dove cazzo è, Dublino?
Si che lo so, in Irlanda, non sono mica un ignorante. Ma cosa c’ha di speciale.
C’ha che è il posto più bello del mondo. Cazzo, se ci potessi andare. Solo che il nome, non lo senti, cazzo, com’è bello. C’è solo un posto dove voglio andare, lì!
Cinque giorni per due a nove e novanta. All inclusive, solo per carte buone, a disponibilità illimitata, stipendio fisso, rendita o speculazione. Precari e senza reddito prego astenersi.
Vieni Genni che s’è fatto tardi, cristo. Torniamo a casa.

Taglia, accoppia, spilla, verifica, poi taglia, accoppia, spilla, verifica. Accosta bene le stoffe, non imbrogliarle, che poi ti ci vuole il doppio a rimetterle in ordine. Cristo, che lavoro da cinesi, io non ci resisto, no che non ci resisto. E la Genni che c’ha in testa quella questione di Dublino, è sempre a parlare di Dublino. E lo sai che c’è la birra e pure scrittori famosi,e questo e quello. Ma come faccio. Cristo, che ce l’ho in testa anch’io, ora. Senti un po’ Peppe, se uno per caso vuole andare a Dublino, così alla buona senza tante pretese, quant’è che ci vuole.
Ah, ti vuoi fare una vacanza con la tua Genni, eh. Ma sì, vieni su cinque minuti in ufficio, che diamo un’occhiata… Eh, ma lascia lì che i campionari possono proprio aspettarli cinque minuti, dai vieni.
Bravo cristo il Peppe. Se c’hai bisogno si fa in quattro per te. Lui c’ha il computer per la contabilità. Non ti dice mai di no.
Vieni che guardiamo, c’ho un sito che ci trovi di tutto. Dublino, hai detto. Vediamo, da Pisa cinquanta a testa, solo andata.
Cristo, mi sa che è troppo.
Non ti scoraggiare, vediamo. Uhm, questo è a trentanove, ma vediamo ancora. Ecco. Guarda guarda. Se stai in piedi, non vuoi il sedile è gratis. In fondo sono due ore e mezzo.
Come, in piedi.
Sì, è una cosa di ora. Ti fai il viaggio in piedi non paghi.
E no, cristo. Non c’ho tante lire ma la Genni a Dublino non ce la porto in piedi. Come le bestie. No, no, guarda ancora.
Lo sai che sei proprio un testone. E io che mi do da fare per te. Oh, ecco. Ce l’ho quello buono per te e la Genni. Ecco qua. Quattro e novantanove. Che ne dici.
Cristo, sì. E’ quello che ci vuole. Spetta, ti do la carta così lo fissi subito.
Carta povera, ma stavolta vince. Pisa – Dublino, ultimo volo dalla sera. Dublino – Pisa, primo volo del mattino ore sei e quindici ma chi se ne frega, la Genni ci va, a vedersi Dublino.

Cazzo. Guarda giù. La vedi, quella sotto è l’Inghilterra. E là, più avanti, c’è il mare. Cazzo cazzo, fra un po’ siamo in Irlanda.
E non dire sempre cazzo, cristo.
La Genni lo canzona un po’. Cristo non dire cazzo. Cazzo non dire cristo. Cristo non dire cazzo. Ma dai che non ci sente nessuno. Poi sono così contenta. Una notte a Dublino. Una intera, per me. Quando me l’hai detto non c’ho creduto.

Cristo, ora come ce porto la Genni in città. Dublin express fa diciotto a corsa, per uno. Il taxi è a cinquanta. Il bus poco di meno e qui mica possiamo fare come a Prato che se ti beccano senza biglietto sono cazzi.

Guarda, cazzo! Ma a cosa stai pensando. Ma non vedi che siamo a Dublino. Guarda, che è tutto scritto in inglese. E quante cose che ci sono. Meglio che ai Gigli. Ci sono quelli per affittare le macchine. Ci sono i negozi con i suvenir. Guarda che bello l’orsetto di pelusce con il boccale di birra, cazzo. Ci starebbe proprio bene sul nostro divano. Cazzo, io lo sapevo che Dublino è proprio bella.
Sei contenta Genni. Sì? Ora però aspettami un attimo qui, che c’ho da fare una cosa.
Oh, cazzo. Non mi lascerai mica qui da me, che so dire solo gudmonin e tenchiu.
Cristo no. E’ solo cinque minuti. Il tempo di fare una cosa.

Come cristo ce lo dico, che non possiamo andare in città. Che siamo arrivati fin qui ma che la sua Dublino non la potrà vedere. Cristo, ma come faccio io. E’ possibile che sempre dei casini. Non posso andare là e dirci, Genni sai, dormiamo qua in aeroporto e domani mattina presto ce ne torniamo a casa. E lei mi dice, e Dublino? E a me mi fa male al cuore come me lo dice. No, così non posso. Magari, sì magari una cosa posso farla. Le prendo l’orsetto nel negozio, quello con il boccale, che le è piaciuto tanto. Poi glielo dico. Ma almeno c’ha l’orsetto. Di Dublino.

Duty-free, prego entrare. Se avete tempo, se siete di fretta. C’è sempre tempo per un regalo. Qui c’è tutto quello che può far felice il vostro bimbo, o la vostra donna. Vi basta scegliere. Se il vostro uomo vi aspetta a casa, fategli sapere che è importante per voi. Se l’avete tradito proprio qui o pure se lo tradirete domani. Tutto passa con il regalo giusto, portato da lontano. Abbiamo il balsamo per ogni dolore, la pomata per qualsiasi ferita. Guardate gli scaffali che traboccano per voi. Entrate che siete i benvenuti.
[Ecco uno stronzo. Ah, come li riconosco al volo. Questo è italiano ci giurerei. Uno stronzo spiantato. Ma lo tengo d’occhio, non c’è posto per gli stronzi nel mio negozio]
Cristo, quanta roba che c’è qui dentro. Solo averci i soldi. Mi prenderei quei begli occhiali scuri con la montatura dorata fina fina. O un paio di bottiglie di whisky, che qui lo fanno proprio buono. No, ma prendo solo l’orsetto per la Genni. Eccolo qui. Quant’è che viene. Cristo, ventisette, non te lo regalano mica. Vabbè, che ce li ho ancora nella carta. Giusti giusti ma ci sono.
[Che fa lo stronzo, prende un peluche, c’avrei giurato. Li conosco i loro trucchi. Se lo rigira in mano poi fa la mossa di rimetterlo a posto e, zacchete, lo fa sparire. Ma io ti prendo, quando arrivi qui. Ti prendo con un piede già fuori, così ti frego ben bene, stronzo]
Coda alla cassa. Tanta gente, pacchi e pacchetti. Frenesia. Carte in mano. Carte fidelity, carte silver. Oh, lei signore, carta gold, prego non faccia la fila si accomodi qui, il bracciale lo mettiamo da solo o con la Mont Blanc? Lei con l’orsetto aspetti un momento, please.
[E ora lo stronzo dove va, alla cassa? E no, così mi rovina la giornata. Avevo qui il mio bello stronzo già impacchettato, e quella mi va alla cassa, merda]
Little bear, twenty seven pounds, prego. Sorry, sua carta non buona, please, look. No availability.
Scusi, cristo, scusi, mi spiace non avevo visto che era in sterline. Oh, cristo di un cristo, nemmeno l’orsetto per la Genni.
[Aspetta un po’. Ah ah, lo stronzo non c’ha la grana. Uhm, mi sa che oggi ci divertiamo, noi due]
Cristo, che sfiga di merda, sempre casini. Ma non c’avevano l’euro qui in Irlanda. E poi ti mettono il prezzo in sterline. No, no io l’orsetto alla Genni ce lo porto lo stesso.
[Occhio, che è il momento. Dai stronzo, finiscila di rigirartelo in mano. Buttalo sotto la maglia, che sono qua che ti aspetto]
No cristo, non m’è mai andato di fregare la roba nei negozi. Non è mica come la questione del bus. Quello è quasi un gioco mica fregare.
[Dai stronzo, non mi deludere un’altra volta. Lo sai che si vede quanto ci tieni a quel pelusce]
Genni, cristo cosa devo fare. Non ti posso mica venire lì e dirti andiamo via. No, l’orsetto te lo porto, cristo che te lo porto.
[Ecco fatto. Bravo il mio stronzo, ora vieni svelto svelto qua, che ti aspetto a braccia aperte]
Sicuro che la commessa non m’ha visto. Era girata e poi io quando mi ci metto sono svelto, cristo. E ora fuori, come se niente fosse.
[Forza, ancora due passi, solo due]

Ma che cazzo fai, tontolone mio.
Oh, cristo, Genni da dove spunti.
Cazzo, cosa mi combini. Dai, tira fuori l’orsetto che c’è la guardia che t’ha visto, scemo.
Ma, Genni.
Dai, mollalo lì e vieni con me, cazzo.

Poi succede che la Genni lo tira per la mano fuori dal negozio. Ride e quando passa davanti alla guardia in borghese gli fa la linguaccia e poi ride, ride, ride.
Ma, cazzo, che bisogno c’era che ti mettevi nei casini. Per me, poi. Ma chi se ne frega dell’orsetto. Ma credi che non lo so che non possiamo andare in città. Ma chi se frega della città. Tu m’hai dato la cosa più bella della mia vita, cazzo. Sicuro, della mia vita. Dai vieni che ora ce l’ho io un’idea.
Genni, cristo, dove mi porti, nei bagni. Ma, in due dentro, ma se ci pescano.
Sta un po’ zitto, cazzo, e prendimi. Prendimi ora, qui a Dublino, che scopare a Dublino manco avevo osato pensarlo. Cazzo, quanto mi piace, dio tu mi mandi diretta in paradiso.

Poi tutto gira intorno a loro che fanno all’amore in un cesso di Dublino. E sono una cosa sola e poi ridono e girano tutto l’aeroporto e dormono due ore nella sala d’attesa, prima d’imbarcarsi di nuovo per Pisa.

2 commenti:

  1. approvo questo cambiamento di stile!
    racconto, purtroppo, molto realistico...
    continua così!!!

    il tuo critico letterario.

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  2. Ehm...che dire? Sono senza fiato.
    Un racconto tristemente amaro, vero, che è un crescendo di emozioni e realismo.
    Noto solo una certa fatica nello scrivere in slang.
    Il resto è perfetto.

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