Il posto della mente è una piccola oasi letteraria dove possiamo andare quando abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. Di leggere, o scrivere storie. Storie inventate, come quelle che io, da principiante, sottopongo al vostro giudizio, oppure storie vere, piccoli "frammenti di vita" che scivolerebbero immediatamente nell'oblio se qualcuno di noi non li raccogliesse.

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lunedì 5 marzo 2012

Afonia in nero pece [Guido]


Egon Schiele - Gli amanti

Come una piuma e pesante come il ricordo che non voglio più avere, si adagia sul mio torace e con una mano mi accarezza il braccio. È il suo tocco, dita sottili come fili, quello che mi ha fatto scappare dal mondo, il mio alibi per chiudere tutti fuori dalla mia casa. Sorseggio un po' d'acqua e riesco solo a non parlare.
«Vado un attimo in bagno» e si allontana, e nei suoi occhi vedo la paura di non trovarmi al suo ritorno. La rassicuro con un mezzo sorriso. Come dieci anni fa. Anche allora c’erano le candele.  

Là fuori ci sono un paio di grattacieli in più e la musica dentro i locali è più alta, ma la città è sempre la stessa. Il tempo fa questo, corrompe la forma, il contorno. L’anima delle cose, delle persone, resiste e perdura oltre ogni calendario. Oltre ogni sguardo. Anche quando te ne vai e ti lasci alle spalle una stanza d’albergo dove c’è una donna di cui non vuoi essere l’uomo della sua vita.
E quella donna sarebbe stata perfetta.
Non è cambiato nulla, solo che non me ne sono ancora andato, forse per la stanchezza, forse perché la mia anima è là che galleggia ancora nel cesso insieme alla vodka. No. Non faccio che mentire, prendermi in giro. Non è la sbronza, non è la fatica. È che ho paura.    
Di tutti quelli che sono ancora in giro, là fuori, i più fortunati torneranno a casa propria da soli.

Lei non è una delle puttane che mi hanno svuotato in questi ultimi dieci anni (e se non fossero solo dieci anni?). No. Non è nemmeno la comparsa che apre le gambe per un paio di battute.
È la donna a cui ho detto addio senza ascoltare la risposta, convincendomi fosse la stessa.
È la donna della mia vita.
La stessa donna che il produttore ha scelto come protagonista per il mio ultimo lavoro. Il primo.
«Hanno gli stessi asciugamani», e la guardo, confusa tra le pareti scure della stanza, tornare verso questo letto, verso di me, io che sono il peggiore di tutti, la sua delusione, la sua disperazione, la sua umiliazione. Nuda e bellissima si versa un bicchiere e percorro con l’acqua il suo corpo, le labbra, il collo, il seno, il neo sotto al braccio, fino al ventre, piatto come la marea calda della notte.
Si sdraia accanto a me e mi trascina sul fianco fino a quando i nostri sguardi si incrociano. I suoi occhi scuri hanno la voglia di avermi di nuovo e dimenticarmi subito.
Mancano poche ore, le candele sono ormai quasi sciolte e l’odore di miccia morente e cera fusa si sta arrampicando sulle pareti. Arriverà il servizio in camera, i nostri cellulari cominceranno a squillare e tutto ricomincerà, ci saranno altri film, altre produzioni. Altre città, altre puttane, altri inferni.

Non è colpa di nessuno, se non di questa città e del tempo bastardo che ci hanno riuniti. Non voglio altri ricordi. Voglio solo che ti vesti e te ne vai. E continuare a prendermi per il culo nella mia vita fatta di plastica, composta da nottate in cui torno da solo nella casa dove non c’è nessuno ad aspettarmi a cui raccontare la mia giornata e ascoltare a mia volta la sua.

Fuori è mattina, la vita torna a pretenderci, nelle sue città fatte di grattacieli e locali con la musica alta.
Mi abbraccia, si attorciglia al mio corpo, quasi a volerne entrare per non uscirne mai più. Ma dura solo qualche attimo, giusto il tempo che le candele muoiano del tutto.
Sento già che mi mancherà. Come negli ultimi dieci anni.

2 commenti:

  1. Ho letto con malinconia, sarà che ultimamente è uno stato d'animo che mi accompagna. Bello, davvero.

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